Com’è stata la mia prima Maratona?
Un casino.
Un casino bello, intenso, inaspettato. Non so se giusto o sbagliato, ma sono stata io e lei è stata me.
Una corda di quarantaduechilometriecentonovantacinquemetri alla quale mi sono aggrappata. L’ho tenuta stretta, tutto il tempo, anche quando la sentivo lacerarmi i palmi, quando le braccia non ce la facevano più.
La scelta di iniziare a correrla, nonostante lo stiramento, nonostante lo stop di due settimane, nonostante tutto, non è di sicuro passata dalla testa. Un’idea che ha saltato la ragione.
Così, direttamente, dal cuore alla gambe.
Senza la più pallida di come avrebbe reagito il mio polpaccio sono partita piano e ho continuato a rallentare fino a trovare un passo che mi permettesse di avanzare senza sentir dolore.
Assetata su un ritmo nuovo, sconosciuto, vedevo l’obiettivo per il quale mi ero preparata per mesi svanire.
La schiena che fa male, quasi quanto quel ritardo. Si. Perché fa male. All’orgoglio o forse alle idee che ci facciamo. Quando si intrappola un sogno in un cronometro si è capaci di perdere di vista la propria realtà.
Io il mio l’avevo intrappolato. Chiudere la maratona in più di tre ore e mezza sarebbe stato un “fallimento”. Un sogno che si disintegra nel momento stesso in cui si realizza.
Ma ad ogni chilometro si aggiungevano buoni motivi per mollare. Ottimi.
Poi la magia. Le gambe lentamente andavano avanti. E quel lentamente non aveva più peso.
Credo che a darmi la spinta sia stato capire chi mi stesse aspettando all’altro capo della corda.
I numeri, che per quattro mesi avevano imposto tutto, scivolavano via, vuoti.
Più o meno così, intorno al dodicesimo chilometro, è cominciata la Mia Maratona.
I dolori più grandi, le delusioni, le paure. La forza. La consapevolezza e il coraggio. Ho ripercorso la mia vita ai 6’al km. Negli occhi che ho incontrato ho rivisto frammenti di persone che porto nel cuore. Negli angoli di una Firenze che non avevo mai esplorato ho rivissuto momenti, ore, anni.
A volte nell’unico posto in cui dovremmo essere ci capitiamo proprio così. Per caso. Nonostante tutto.
A me ci ha portato per mano la bambina di sei anni che ventisette anni fa, guardando alla televisione la maratona, aveva deciso che un giorno l’avrebbe fatta anche lei.
Mi aspettava al quarantaduesimo chilometro. Felice. Quel traguardo l’abbiamo passato mano nella mano. Nell’istante in cui è successo ho sentito quell’accordo perfetto tra la testa il cuore e anima.
E ho pianto.
complimenti. Mi ci ritrovo nella magia della maratona. Guardando la tua foto, mi pento solo di non aver conservato,quel foglio di alluminio che, come te, ostentavo manco fosse il mantello di superman.