Sono andata a ritirare la mia medaglia alla Milano Marathon
Inizio così: stanotte non ho dormito.
Ero troppo felice, dolorante, entusiasta, energica, allegra per dormire.
Ieri è stato il giorno della medaglia.
Correre una maratona è come andare all’università a laurearsi: studi studi, scrivi scrivi, arrivi alla sera stanco morto, esci poco con gli amici, a nanna presto e poi vai lì e devi raccogliere i frutti.
Solo che la laurea te la danno sempre e sai già anche più o meno il voto, mentre in maratona non puoi sapere come va.
Io mi sono preparata tanto: 7 lunghi da 28 a 36 km (28-31-32-32-36-32-30 km), 3 mezze maratone (una all’inizio, una a 5 settimane e una a 2 settimane dalla maratona), 1200 chilometri corsi, ore passate sotto la pioggia e al gelo, muscoli stanchi.
Mai una volta il dubbio di star facendo qualcosa di inutile.
Ieri sono andata a prendermi la mia medaglia, che poi so bene che è una medaglia di partecipazione, ma che significa tantissimo.
Penso che chi corre una maratona lo faccia per tanti motivi. Non per uno solo.
C’è a chi piace di per sè e, onestamente, a me piace proprio correre la Maratona.
C’è chi ci mette dentro una storia da raccontare, io ci metto la mia.
C’è chi porta con sè per 42 chilometri i dolori della vita per scaricarseli di dosso al traguardo, io ho portato a quel traguardo tutto il senso di fallimento causato dai miei errori e lì l’ho lasciato.
Sono partita con tre soli numeri in testa:
3
1
5
Stare sotto le 3 ore e 15 minuti mi avrebbe fatto accedere al sogno: la maratona di Boston. Boston LA maratona.
Ho portato in questo viaggio per le strade di Milano un sorriso grande come il cratere di un vulcano in eruzione. L’altro giorno una persona a me cara mi ha detto quello che non vorresti mai sentirti dire: che gli dai fastidio.
Ho incassato questa delusione e l’ho messa tra le cose da scaricare al traguardo.
Ho sfoggiato il mio sorriso, alle volte idiota per alcuni, e ho corso per il mio “Camino”, alla ricerca della mia Compostela.
Con me, oltre alla delusione, la consapevolezza, come mai prima di oggi, di essere la persona che amo essere.
Con me la pallina della mia Cami, che ho trovato dietro ad una borsa preparando le valigie per partire, come se volesse dirmi “sono ancora con te”.
Lasciando l’albergo alla partenza l’ho stretta forte e ho pensato a quanto bene mi ha voluto quel cane, il mio cane. Alle transenne della gabbie di start, un musetto nero spuntava e mi ha dato una leccatina alla mano. Non era lei, ma era un buon segno, un saluto.
Sono partita bene, leggera, senza ansia, senza gel, senza peso addosso. Con le scarpe vecchie che ho usato per tutti i lunghi perchè non me la sentivo di cambiare, ancorata a ciò a cui voglio bene.
Ad ogni chilometro la storia si scioglieva in una forza che non avevo prima.
Il giorno prima di partire e durante la gara, parlo con il mio corpo. Lo amo profondamente. Rendo grazie a queste gambe che per molti sono troppo rotonde, perchè mi portano dove io dico di andare.
Cosa è successo in questi 42 chilometri lo riassumerei così: ho preso coscienza di me, di quanto posso essere, dell’amore che posso ancora dare.
Arrivo fermando il Garmin a 3ore12minuti41secondi.
Sorrido e mi sento benissimo. Percepisco ogni muscolo felice.
Saluto nella mente Cami che vola sugli arcobaleni e mi abbaia da lì. Guardo le mie vecchie New Balance tenute insieme con il cerotto da fasciatura e le amo tanto. Guardo le mie mani e so che sono piene di sensazioni da sentire.
Mai medaglia mi fu più cara, mai avrei pensato che sarebbe stata Milano a mettermela al collo.
Vi chiederete, visto che c’era una sfida tra me e Robi Nava, come sia andata.
Ho vinto, ma senza il gusto di vincere.
Ho trovato un amico vero, con tutto il sapore di un’amicizia che ti fa sorridere.
E da oggi: MAGRAID!
E ora colpa tua ho voglia di correre anchio una maratona! Grazie! 😉 e bello leggere questo bellissimo raconto!
Ero lì anche io. Stessa emozione. Con la stanchezza alle gambe dopo mesi di preparazione. Alla fine, con la mia medaglia al collo ho girato come un bimbo fra gli stands della charity: mi guardavano come fossi matto, ma forse non sanno cosa vuol dire in quel momento portarla al collo orgoglioso! Non ci conosciamo, ma in fondo ci conosciamo tutti quando siamo alla linea di partenza. Oltretutto, chi non ha mai corso non capisce cosa vuol dire correre a certe ritmi come hai fatto tu: complimenti Carlotta!
Ma per Boston ti basta 3:35!!!
http://www.baa.org/news-and-press/news-listing/2016/september/2017-boston-marathon-qualifier-acceptances.aspx
Sì certo, ma per entrare nella prima finestra se non erro devo avere più di 20 minuti meno del limite. Diciamo che così sono certa 🙂
Si – quello si . – 20 minuti e’ ingresso assicurato! Io mi sono qualificata con 2 minuti e 3 secondi di scarto!!! Ha ha! Forse mi tocca correrne un’altra prima di settembre per aumentare lo scarto! Cmq Congratulazioni! Un tempo incredibile.