La Storia di Maddalena – Una Principessa alla EA7 Milano Marathon
Mia nonna me lo ripeteva in continuazione: non correre, stai composta, non parlare ad alta voce, sorridi sempre e non metterti mai in mostra. FAI LA BRAVA BAMBINA.
Io sono stata una brava bambina, una ottima bambina, direi: silenziosa e introversa, non dicevo mai di no. Non mi arrabbiavo, non disobbedivo, non correvo, non gridavo.
Ti saresti potuto dimenticare di me facilmente.
Sono diventata un’adolescente tormentata, l’imperativo di accontentare tutti faceva di me una ragazza accondiscendente, insipida, senza arte né parte.
Andavo dietro al ragazzo di turno, ne assimilavo carattere e hobby ed ero sempre più infelice.
Ho sempre corso qua e là negli anni, solo nei periodi di solitudine, era l’unica cosa che mi venisse bene, in cui non era richiesto recitare una parte, un ruolo, dimostrare qualcosa.
Ero io, finalmente me stessa, senza maschere o bisogno di essere qualcun altro.
Ma bastava cambiare fidanzato ed ecco che la corsa spariva, spodestata dagli sport più strampalati: non mi sono fatta mancare nulla, dal pattinaggio, alla pallavolo, all’hockey su prato, alla capoeira.
Poi la storia finiva e io tornavo ai miei 10 minuti di corsa.
Oggi so che avevo solo un disperato bisogno di piacere, di essere accettata, ma all’epoca sopravvivevo a stento tra le mie varie personalità.
“Ma tu, chi sei?” mi ha chiesto un giorno qualcuno, “Non lo so – ho risposto – sono stata sempre tanto impegnata a piacere agli altri che non so chi sono io”.
Negli anni, con un gran lavoro su di me, piano piano le cose sono cambiate: mi sono sposata, sono diventata mamma, ho finalmente trovato un lavoro gratificante.
Ma la brava bambina non è mai andata via del tutto, sopravviveva nella mia insicurezza, nel rinunciare ad andare avanti per paura di pestare i piedi a qualcuno, nel timore di essere troppo vistosa, o sopra le righe, di apparire troppo sfacciata.
Mai avrei indossato un paio di shorts, mai sarei andata in giro in top.
Mai avrei cercato di arrivare prima, figuriamoci, un basso profilo prima di tutto.
Ma un anno fa qualcosa è cambiato.
A marzo 2016 ho ripreso a correre, tempo per la palestra non ne avevo più, avevo bisogno di qualcosa che fosse fruibile ad ogni ora senza vincoli di orari: uscire di casa e via, andare. Ho stampato una tabella per principianti, ho tirato fuori le mie vecchie scarpe e ho iniziato.
Certo, la forma non era più quella dei miei 20 anni, ho dovuto ricominciare da zero, con un minuto di corsa e tre di camminata, ma andava bene così.
I minuti sono poi diventati 3, poi 5, 10, 20, 50.
Ieri ho corso 25 chilometri e forse, ad aprile, arriverò a 42 alla Emporio Armani Milano Marathon.
Ho imparato a stringere i denti, a sopportare la fatica, a non temere il freddo, la neve e la pioggia.
Mi sono iscritta alla prima gara, nel paese dove vivo, e ho scoperto che sono competitiva: pensa un po’ nonna, mi piace vincere.
Poi ho partecipato ad una mezza maratona. Poi a un’altra.
Sono emersi aspetti sconosciuti del mio carattere: la tenacia, il coraggio, la gioia, la risolutezza. Il mio corpo, con cui avevo un rapporto di tiepida indifferenza, si è attivato, mi parla, comunica, mi segnala immediatamente se qualcosa non va: ora siamo ottimi amici, complici direi.
Ho capito che sono diventata un’altra persona quest’estate, nel bagno di un autogrill sulla A12, diretta in Toscana.
C’erano 35°C, ero sudata fradicia: ho aperto l’acqua del rubinetto e ci ho messo la testa sotto.
Poi ho chiuso, ho tirato su i capelli e mi sono guardata allo specchio: top e pantaloncini, capelli fradici che scolavano per terra.
La mia amica mi guardava con due occhi così: “certo che quando hai caldo non ti fai problemi!”
E ho capito che non è normale mettere la testa sotto un rubinetto, magari bagnare delicatamente la chioma, ma non stare un minuto sotto l’acqua gelida. Eppure, se corri d’estate lo fai. Alle gare, lo fai. E lo fai per un motivo preciso: correre più veloce.
E se corri più veloce magari arrivi prima di categoria.
La brava bambina non c’è più.
Ora ci sono io che, grazie alla corsa, ho degli obiettivi, che sono miei, di nessun altro, e che faccio di tutto per raggiungere.
Ora c’è il mio corpo, che non ho più paura di mostrare, ora c’è la mia determinazione, costruita giorno dopo giorno, correndo sotto il sole, la pioggia, quando il cuore scoppia e i muscoli sono in fiamme.
Non si molla mai. Ma non è cieca stupidità, è il mio modo per dirmi che posso farcela, che posso andare avanti, che me lo merito e non mi vergogno più a dirlo.
E a tutte le ex brave bambine io voglio dire questo: essere donna non è essere composte o modeste o sorridenti.
Essere donna non è arrivare seconde perché arrivare prima è sconveniente.
Essere donne è tenere duro, andare dritte per la propria strada verso la propria vittoria, qualunque essa sia, anche pestando i piedi, anche sgomitando, anche facendo finta di rinunciare per poi sorpassare tutti alla fine.
Essere donne è essere orgogliose del proprio corpo, meraviglioso strumento di perfezione e femminilità.
Io sono una ex brava bambina e, cara nonna, l’anno prossimo correrò la maratona.
Maddalena