Alberto Tomba e l’Appennino: correrò con Albertone!

“Carlotta, c’è Tomba la Bomba, vieni!”

La mia non è una famiglia di sportivi e non è una famiglia di amanti della montagna, tranne per il dettaglio che la nostra casa è esattamente ai piedi dei quattromila italiani e a scuola con me erano tutti appassionati discesisti.

Eppure, quando in TV c’era Alberto Tomba, ci fermavamo tutti.

Vuoi che mio papà è nato a Biella e le tute da sci della FILA erano le sole che possedevamo (lui ce l’ha ancora oggi), vuoi che il pile con la firma di Alberto Tomba riamata lo vedi ancora addosso a molti valdostani, ma se c’era LUI, noi ci fermavamo a guardare.

Io di sci capisco poco, lo ammetto, ma ci sono pochi personaggi ugualmente eroici, pochi nomi che hanno segnata la mia vita non sportiva adolescenziale e fanciullesca, come quello di Alberto.

Lui e Steffi Graf, di cui possedevo le scarpe (Fila) da tennis.

Una volta chiusa la sua carriera da campione dei campioni, ce lo ricordiamo per qualche boutade cinematografica di livello non propriamente da oscar, per qualche pubblicità, per qualche notizia da magazine scandalistico.

Eppure la voce di papà che dice a gran voce “Tomba la Bomba” non l’ho scordata mai.

Quando Davide (Orlandi) mi ha chiesto di partecipare alla conferenza stampa di presentazione dello spot di promozione dell’Appennino dell’Emilia Romagna sottolineandomi la partecipazione di Albertone in veste di testimonial, quindi, mi sono emozionata.

Io non mi emoziono mai di fronte ai campioni. Sono umani con una forza di volontà incredibile, ma sono umani.

Tomba la Bomba, invece, appartiene alle favole.

Non è un personaggio umano, per una ragazza nata nell’ottantadue. Alberto Tomba non è uno sportivo e basta. E’ un nome. Come poter incontrare Fabrizio de Andrè, Elvis Presley, Renoir.

Un nome della storia.

A tu per tu con Alberto Tomba

Arriviamo all’Outdoor Expo di Bologna con la faccia di chi ha dormito poco, contenti e curiosi, ridendo. Avremmo intervistato Albertone, forse.

Le domande erano pronte. Volevo parlare di corsa con lui, più che di sci. Daniele (Menarini) la sera prima mi aveva detto che all’epoca saltava a piedi apri dalla buca del lungo realizzando salti da tre metri. Io arrivo ai 60 centimetri quando mi impegno. Avrebbe anche corso?

Avevo letto che aveva dichiarato di voler percorrere correndo la Via degli Dei, da Bologna a Firenze. Non stentavo a crederlo.

Quando arriva allo stand, una conclave di ragazzini del liceo sportivo lo assalgono. Lui è un gigante tra i pulcini.

Quasi un metro e novanta, spalle larghe vestite da abito scuro e camicia aperta sul villo. Brillantina. Occhiale fumé. Un vero Bomber.

L’ho amato subito, quel viso largo da uomo sorridente e piacione, quella faccia da persona che viene dalla terra, quel fisico da campione del passato.

Albertone…

Il video è breve, lui corre bene, ammetto. Si chiude su una scena di brindisi a base di prodotti locali.

Io lo voglio intervistare e mi metto avanti. Non sono emozionata.

Sono felice.

E mi siedo accanto a lui.

Lo guardo e rido. Sono seduta su una sedia di plastica, in uno stand, a parlare con Alberto Tomba la Bomba di corsa. La vita riserva meravigliose follie.

Alberto, io sono valdostana, tu vieni dall’Appennino: che differenza c’è tra sciare in Appennino e sciare sulle Alpi?

A. Che quelle montagne sono tue e queste mie (ride).

Scherzi a parte io ho sciato molto dalle tue parti. Quello che posso dire è che qui c’è tutto: la montagna, ma anche la buona tavola, il amre è vicino, la natura, i boschi. In Appennino c’è tutto per tutti.

Ricordo bene com’era sciare a Pila… e nel comprensorio del Monte Rosa, a Courmayeur. E’ stato un bel periodo quello, con Pramotton, Vuillermoz, Blanc. Ci divertivamo e organizzavamo sempre tornei tra di noi in altri sport, soprattutto il rafting, facevamo la squadra dello sci alpino contro quella dello sci nordico.

Ma qui c’è veramente tutto.

Farai presto la Via degli Dei, il trekking che porta da Bologna a Firenze. Ti piace correre in natura? E’ un buon allenamento?

Per me è, certo, allenamento, ma la corsa rappresenta lo svago puro, soprattutto correre nei boschi.

Da bambino, quando gli altri si allenavano in pista, io scappavo e correvo nei boschi, andavo per funghi, ero libero. Mi sento ancora così.

Poi la corsa in montagna aiuta a imparare a gestirsi: devi risparmiarti in salita, scendere bene e poi risalire. Se non sai gestirti non puoi.

Siamo abituati a vederti scendere veloce con gli sci. Invece a quanto pare ami anche “salire lentamente”.

Mi piace tanto camminare e mi diverto a scendere a piedi, ma prediligo i percorsi sali-scendi, mossi, non la sola solita. per questo l’Appennino è ideale, dolce, alle volte più brusco, ma sempre vario.

Cosa diresti alle donne che vogliono fare un trekking negli Appennini da sole?

C’è molta luce su queste montagne e le tappe della Via degli Dei sono fattibili da tutti, ben servite. E’ bello portare la tenda, ma per essere sicure meglio i posti tappa, che sono frequenti. Ma perchè da sole?

Beh, io amo fare trekking da sola. Certo, magari un tappa della Via degli Dei la facciamo insieme?

(rido io stavolta)

 

ph. Soul Running

 

RunningCharlotte
RunningCharlotte
Perché la corsa è uno stile di vita e ad ogni passo ci fa crescere un po’ e perché non bisogna essere campioni per correre, basta mettere un passo dietro l’altro. Keep in running.
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