Arrivare al limite: elogio della fatica
Stavo riflettendo su un tema con un’amica.
Il tema era alquanto vanesio, ma d’altronde è domenica pomeriggio: postare o meno una foto in cui si è palesemente sfatti dalla fatica?
Io di primo acchito sono per il sì. Guardo la foto in questione e mi vedo orribilmente bella. Sento la fatica di quell’istante, riassaporo il gusto di ferro in bocca.
Lei mi redarguisce. In effetti il viso è trasfigurato, se ingrandiamo bene la foto sono quasi certa di avere la bava alla bocca. Gi occhi spenti, la maglia della squadra ha un taglio che non mi dona, i calzoncini sono appiccicati alla pelle dal sudore e le gambe sono pure un po’ sporche.
Se guardi questa foto a lungo senti l’odore del sudore.
Mi osservo nella foto e vedo la parte “bestiale” del mio essere umana. Mi vedo e mi trasformo nella mente in un cavallo che arriva al traguardo con la schiuma alla bocca,
E, in fondo, questa parte lievemente bestiale di me mi piace molto.
Ci sono persone istintuali. Io sono una di quelle.
Seguo l’istinto, alle volte troppo, mi butto, provo e (molto spesso) mi rendo la vita impossibile.
Non penso alla fatica, nè tantomeno alle conseguenze. Non ho paura e se ce l’ho, faccio finta non esista.
Nelle gare uso lo stesso processo mentale che utilizzo nel scegliere cosa mangiare per cena: scelgo quello che sento vada bene. Normalmente arrivo al traguardo distrutta, stanca, brutta forse, sicuramente diversa sa come vorrei vedermi e soprattutto ri-vedermi.
Eppure, dentro quel volto stranito vedo la fatica che tanto amo. Vedo l’istinto, vedo la bestia. Sento la pelle fremere, il sudore colare, la grinta salire.
Qualche tempo fa parlai con una donna che stimo moltissimo, Lucilla Andreucci, a proposito del concetto di fatica, legato al concetto di onestà. Nel suo discorso, che ho trovato molto coerente, lei legava il desiderio di “saltare” la parte di fatica e raggiungere comunque gli obiettivi come della base della disonestà.
In pratica, voler “barbatruccare” e ottenere senza faticare non è leale. Mentre colui che sa apprezzare la fatica come parte della vita, come step fondamentale della partita da giocare, sa vincere e perdere con onestà.
“la fatica è vita” è una delle sue frasi che mi è rimasta più impressa.
Ed è proprio ciò che sento.
Quel sudore che cola sulla pelle una volta mi avrebbe fatta sentire vinta, ora è quello che mi rende invincibile. Sapere che quell’espressione stralunata è dovuta al desiderio, alle volte ignorato, di mettercela tutta.
Un elogio alla meritocrazia dell’impegno. Oltre che del risultato.
Il saper arrivare al punto in cui dopo “non ce n’è più”, senza scoraggiarsi, senza aver paura.
Quel volto da strafatta post sbronza che ho in certe foto, quella bruttezza da “sto per valicare il limite”, mi ricordano quanto io abbia fatto in questi anni, quanto amore per questo sport, quanta felicità, quanti momenti superati.
La fatica forse non è la vita di tutti, ma di sicuro è il mio linguaggio preferito, insieme alla femminilità.
sono pienamente daccordo,solo che a volte dopo che una giornata lavorativa ti ha sfiancato bisogna sapersi dire anche di no all’allenamento,anche a me piace la fatica,particolarmente bello è sentirsi tenaci alla fatica,ma è molto importante ascoltare il proprio corpo.per distinguere quando si può spingere oltre e quando è meglio rinunciare e riposare,il riposo da non confondere con la pigrizia,è un ottimo allenamento.
Non scherzare in quella foto sei tu e sei come sempre bellissima . Massima stima sempre