Ho avuto la fortuna di correre con Cami.
Quando ho preso un cane, non lo volevo, o almeno, non sapevo di volerlo così tanto.
Era il 2007, mi stavo laureando e volevo un gatto. Poi il mio compagno preferiva un cane, io l’ho vista e non ho saputo fare altro che amarla. Subito.
Cami.
Nera, come i suoi dieci fratelli, tutti così neri, che stavo per prendere quella sbagliata. Ma cosa si fa con un cane?
Non correvo come oggi, ma avevamo una vita attiva e con un cane va bene.
Perchè con un cane si fa una sola cosa: si vive.
Io scrivevo la tesi e mezz’ora al giorno andavamo al parco a correre, piano piano perchè era un cucciolo incerto. Tornavamo ed eravamo felici, io e Cami.
Lei che tronfiava come un maialetto, io che mi rimettevo a scrivere.
Le abbiamo insegnato a stare al passo. Le abbiamo insegnato a stare vicino. Le abbiamo insegnato ad amare gli altri cani.
In realtà ci abbiamo provato anche con gli scoiattoli, ma non ci siamo riusciti proprio… Li inseguiva tutti, non ne prendeva nessuno: quasi si pentisse, arrivata a dieci centimetri da quelle code pelose, rallentava ruotando la coda. Troppo facile prendere il gioco e romperlo, su questo poteva insegnarmi qualcosa. Forse che alla fine amava anche loro.
Durante i lunghi pre-maratona lasciarla a casa era un patimento: voleva venire, salvo rendersi conto dopo una ventina di chilometri che era più confortevole il divano.
La mattina, quando ci svegliavamo annusava i pantaloni che infilavamo: jeans, uguale pallina al parco; sintetico, uguale corsa dietro agli scoiattoli e dietro a noi.
Ho sempre avuto l’idea che vedendoci infilare i leggings rimanesse un po’ delusa.
Non l’abbiamo mai lasciata a casa. Noi correvamo dove lei correva, lei correva dove noi correvamo.
Mai più di un metro indietro, eccola Cami!
Cami con l’aria stanca, con il passo veloce, con le sue 4 zampe motrici, Cami con la lingua a terra, Cami sporca fino alla pancia di fango, Cami fradicia di pioggia, Cami con il profumo dell’erba.
Cami che quella volta ha seguito Massimo oltre ad un fosso, ma è caduta nel fosso tagliandosi tutta.
Cami che quando andavamo in montagna dormiva in tenda con noi rendendo i 3 gradi sottozero accettabili, Cami che rubava panettoni.
Cami che se dicevi “mucca!” abbaiava come Belle di Belle e Sebastien, anche se eravamo dentro casa.
Cami che una volta è stata morsa e me ne sono accorta dopo 10 chilometri che sanguinava, Cami che qualsiasi cosa succedesse mi leccava via le lacrime come nessuno ha mai fatto.
Cami che nei momenti tristi era sempre con me.
Cami che quando ci siamo separati faceva una settimana da uno e una settimana dall’altro. Cami che amava tutti, anche quel ladro che ha tentato di scipparmi, Cami che abbaiava alle mosche, Cami che le ripetute proprio le detestava.
Cami che aveva paura a salire in cresta ai monti, Cami che nuotava solo se lanciavi la pallina in acqua.
Cami che mi ha mangiato tutte le scarpe col tacco, ma mai le scarpe da corsa.
Cami che non sapeva di essere malata.
Cami che ora corre incontro agli arcobaleni, inseguendo marmotte giganti e nuotando nelle palline.
Cami che ha corso con me, con noi, tutti i chilometri di questi anni.
Grazie Cami, non smettere di correre, se fai la brava ti do un dentastix.