Boston Marathon – Si comincia con il “Piano B”

Ieri ho cominciato il Piano B.

In cosa consiste lo vedremo, ma prima vi dico perchè ritengo fondamentale il Piano B.

Noi podisti (se vi piace di più diciamoci runner) siamo schematici e, soprattutto, monotematici. Per noi esiste la corsa, la Dea Perfetta di ogni Olimpo. La Corsa e la Maratona.

Siamo ossessionati, io per prima, dall’immagine del 42esimo chilometro, quello che ci rende consapevoli della nsotra forza. Senza quel 42 ci sentiamo traditi dal nostro corpo, tanto da commentare alle volte i risultati altrui con l’espressione schifata: “sai, «quello» non ha mai corso nemmeno una maratona”.

Per questo motivo lo spauracchio dell’infortunio ha due sole vie d’uscita: l’autocommiserazione e relativa chiusura in noi stessi con annessa depressione oppure la noncuranza più totale verso l’infortunio stesso.

Insomma, o ci ritiriamo dalle corse oppure facciamo finta di nulla finchè il dolore diventa qualcosa di non più trascurabile.

O bianco o nero, o depressione o esaltazione.

Ritengo invece, a mio umilissimo giudizio, che sia necessario ritarare il nostro cervello podistico e quando qualcosa non va avere l’elasticità mentale per riprogrammare obiettivi e allenamenti, senza necessariamente essere disfattisti.

Io non mi ero mai fatta male. Non avevo mai interrotto l’allenamento, mai da tredici anni. Oggi sono due settimane che non corro e ho una incredibile voglia di uscire e sfrecciare al parco.

Invece quello che ho fatto è stato riprogrammare. Scegliere un Piano B.

Il mio obiettivo è arrivare a Boston. So che non posso riprendere ad allenarmi da subito, so che devo mantenere l’allenamento pregresso. Per cui sono andata da colui che mi pareva il migliore.

Lorenzo Sommo, oltre ad essere un professionista, è un professionista equilibrato. Ha esperienza in molte discipline, è calmo, rassicurante e fantasioso.

Dico fantasioso perchè doveva trovare cosa farmi fare per allenare il cuore e i muscoli senza pesare sulle gambe. E non è scontato.

Sono andata da lui ieri.

Avevo paura. Paura di sentire male, paura di uscire da quella palestra con la consapevolezza che Boston si allontanasse, paura di scoprirmi fragile.

Ed ero entusiasta. Al contempo non vedevo l’ora di muovermi, di sentire i muscoli muoversi. Di sudare, che bello sudare.

Mi ha fatta pedalare all’inizio. Subito tutto tirava, sfrigolava. Il mio cervello era concentrato solo sulla gamba, non vedeva altro che la gamba. Poi piano piano l’attenzione si è spostata sul resto del corpo.

Ho iniziato a sentire il sangue che arrivava nei muscoli, a traspirare. Il respiro ha iniziato a farsi sentire.

Poi abbiamo usato una macchina strana, Technogym TOP XT  In sostanza, per chi come me è a digiuno di palestra, è una sorta di bici, ma il volano è attaccato ad un manubrio. Avete presente gli skipper di Luna Rossa che girano il grinder velocissimo per spiegare le vele e tirarle? Ecco, una cosa simile. In pratica pedali con le braccia e tieni ferma la parte bassa del corpo, che però stabilizza il tronco nell’esercizio.

Abbiamo fatto un fartlek vero e proprio, 20 secondi al massimo della potenza (nel mio caso ridicola viste le mie braccia) e 10 secondi di stop. Forte e piano.

In quei momenti ho ritrovato la gioia del fartlek. Quella felicità fanciullesca dell’andare forte e fermarsi, che fa schizzare il cuore in alto e fa scendere il sudore lungo la schiena.

Dopo siamo passati ai lavori di attivazione e mobilizzazione delle anche e agli addominali.

Chiudendo con una bella pedalata.

Come mi sono sentita?

Felice.

In quest’ora è passata la paura e insieme alla paura è passato anche il dolore. Quella sensazione di rigidità e di malessere.

Sono uscita di lì che ero una persona nuova.

Oggi cosa ho fatto?

Ve lo dico piano piano: ho provato a correre. 4 minuti di camminata e 1 minuto di corsa a ritmo normale. Un’oretta così, anche se alla fine ho fatto qualche minuto extra di corsa.

E sto bene.

Gli esercizi di Lorenzo:

 

  • Recline bike: 10′ livello 2

  • Top XT:  2′ warm up + protocollo tabata: 8 ROUNDS 20″  on + 10″ off

  • Recline bike: 7′ livello 3

  • Lavori attivazione e mobilizzazione anca 

  • Mountain climber slow option: 4 ROUNDS  20″ on  + 20″ off

  • Single let stretch: 30″ on + 15″ off

  • Recline bike: 5′ livello 3

RunningCharlotte
RunningCharlotte
Perché la corsa è uno stile di vita e ad ogni passo ci fa crescere un po’ e perché non bisogna essere campioni per correre, basta mettere un passo dietro l’altro. Keep in running.
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