Commento al Weekend: pioggia, record e intolleranza
Pioggia, record, amicizie e intolleranze.
Una volta avevo un programma in una piccola radio…
Si chiamava Radiorun ed era una digital radio. era un progetto non mio, ma che amavo tanto. parlare dei fatti della corsa, delle esperienze vissute. Tenevo un programma che si chiamava, banalmente, “storie di runners”.
Mi piaceva raccontare le storie del weekend, intervistare chi ne aveva una, commentare i dettagli delle vite di noi podisti domenicali.
Conoscere persone di corsa e raccontarne la storia…
Storie come quelle di questo weekend di corsa. Storie come quelle di Sara che ha corso con me una parte della RunRivieraRun, o di chi come il mio vecchio compagno di università Lele, che avevo conosciuto tra banchi e feste e ritrovo come finisher della Venice Marathon più bagnata degli ultimi anni.
Sara
Ho conosciuto di sfuggita Sara circa un anno fa. Ero ad una gara di paese, a Testona, provincia di Torino. Una gara corta fatta di saliscendi. Io avevo una tutina da corsa un po’ fuori dagli schemi, disegnata dalla mia amica Marika Guida. Mi sentivo bella e imbarazzata allo stesso tempo. Sara era davanti a me per un pezzo, poi dietro. L’ho rivista poco dopo alla Mezza Maratona più sofferta della mia vita, sempre una gara di paese e poi in tante altre gare. Sara parte sempre forte, come se ogni gara fosse una campestre.
Anche domenica è partita forte. A Varigotti, provincia di Savona, partenza della 21km RunRivieraRun diluviava. Secchiate d’acqua cadevano direttamente tra le onde del mare in burrasca. In mezzo, lungo la striscia d’asfalto dell’Aurelia, circa settecento runner scombussolati dal vento forte. Tra questi Sara ed io.
Mi piace vedere Sara alle gare. Non so perchè, ma mi mette allegria, Sara. Forse la sua gentilezza, o forse i suoi bei ricci. Vorrei fosse mia amica, Sara, anche se l’ho sempre solo vista in braghine da corsa.
Mentre il vento di Scirocco ci spingeva indietro e la pioggia ci annebbiava la vista abbiamo corso fianco a fianco per dodici chilometri, fino a quando è arrivato il momento di stare sole nella nostra fatica, di isolarci nel desiderio del ventunesimo chilometro. Eppure, correre per 12km a fianco di qualcuno ti regala un’emozione profonda, una conoscenza dell’altro impareggiabile. Mi sono portata quel momento di vita fino al traguardo, sentendomi un po’ più ricca di prima.
Lele
Gabriele detto Lele è stata una di quelle persone che ha caratterizzato i miei anni universitari e che poi è sparito come spariscono alcune conoscenze giovanili. Quelle che ti lasciano tanto anche se durano tutto sommato poco. Saprei riconoscere esattamente la sua voce tra le altre, saprei descrivere come si aggiustava compulsivamente i capelli neri, saprei anche ricordare il suono della sua risata e descrivere le sue scarpe da skater di più di dieci anni fa.
Lele non lo vedo da allora e lo ritrovo oggi su Facebook, avvolto da una coperta termina e con in mano la medaglia della Venice Marathon 2018, in un post che mi fa capire che la magia della Maratona non ha una parola fine alla sua “moda”.
“La maratona è una cosa incredibile, distante anni luce da tutte le altre gare che ho fatto fin ora; e non parlo solo dell’aspetto tecnico e fisico. Il doppio o il quadruplo dei chilometri ti permettono di guardarti attorno, di godere di ogni passo che fai, di non avere così tanta fretta di arrivare al traguardo e di concentrarti su tutto quel che ti è attorno.”
Gabriele Pinzin
Un weekend di record
Mentre noi, con le nostre belle storie da amatori ci sentivamo eroi del vento e della tempesta di pioggia, a Valencia si stabiliva il nuovo record sulla Mezza Maratona, ad opera del 29enne keniano Abraham Kiptum che ha corso in 58’18”, 5” in meno del record.
Poi c’è stata la Maratona di Venezia, funestata dall’acqua alta negli ultimi chilometri. Mentre i primi al traguardo hanno corso con l’acqua alle caviglie, gli altri runner amatoriali, comprese le handbike, hanno trovato circa mezzo metro di acqua di laguna a funestare la loro corsa. A parte i due supereroi che hanno vinto, un applauso va ai quasi cinquemila maratoneti che sono arrivati, superando non i propri tempi, forse, ma sicuramente i propri limiti.
L’intolleranza
Lo sport non dovrebbe avere questo termine nel sui vocabolario, ma spesso ne è pervaso.
Uno il fatto del weekend che ha toccato l’Italia e i nostri valori – che forse inizierei a mettere in discussione – un fatto grave e terribile. Io ho pianto nel vederlo, immaginando dapprincipio una fake news.
L’immagine di una donna, evidentemente fuori forma (non me ne voglia per questo, perchè non giudico un aspetto estetico quanto l’evidente non cura della propria salute denotato dalle gengive infiammate e dal gonfiore diffuso), che sorride indossando una t-shirt con la scritta “AuhswitzLand” alla commemorazione fascista a Predappio.
A patto che sia legalmente possibile manifestare la propria nostalgia per il Duce, non lo è inneggiare ai campi di sterminio.
Ma soprattutto, la signora ha dichiarato che ha indossato una t-shirt casuale che ha trovato nell’armadio.
Se chiunque di noi avesse indossato la prima t-shirt trovata nell’armadio, sul petto avrebbe avuto la scritta “MaraToma” o “StraPinerolo” e l’unico numero romano sarebbe stato quello della “IX miglia di Natale”.
Ci chiamano matti, noi che corriamo sotto il diluvio, ma i matti veri sono altrove.
Doping e dintorni
Aggiungo un’ultima nota tra intolleranza e sgomento, dedicata a Luisa Betti, meglio conosciuta come Lady Run e trovata positiva ad un controllo anti-doping alla 100km delle Alpi.
Luisa piace ad alcuni, ma ad altri no. Compulsiva del chilometro, di fucsia vestita, seni grandi in esibizione e rossetto, non interpreta la corsa come la interpreto io, ma resta un’atleta e una donna che sa cosa vuole.
Risultata positiva ad un controllo per un farmaco prescrittole dal medico (sua dichiarazione), oggi è sulla bocca di tutti come oggetto di odio e scandalo.
Dove sta la verità verrà deciso dalla commissione, ma quello che mi dà da pensare è la cattiveria degli accusatori: insulti, invettive, addirittura gioia per aver “finalmente preso la criminale” mi fanno tanto pensare alla gioia dei villani durante la caccia alle streghe.
Ma davvero vogliamo odiare ancor prima di sapere? Ma davvero necessitiamo di scaricare odio in eccesso?
Se domani al supermercato troveremo un ragazzo che ruba, proveremo piacere nel tagliargli la mano?
Non è mai banale quello che scrivi….
Grazie Marcello 🙂