Desert DAYS: gli occhi di Nico Valsesia

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C’era una volta il deserto…

Di che colore ve lo immaginate, il deserto?

Quale suono sentite nell’immaginare il deserto… la fatica, l’aria, il profumo delle vibrazione delle vostre gambe che camminano.

Cos’è un miraggio? Lontano l’aria diventa fluida, cola, si colora. Sembrano pochi passi, sono decine di chilometri.

Nico, ma tu, “cosa sei”? Come ti definisci? Sei un avventuriero, un corridore, uno sportivo, un triatleta, un atleta…

Nico ride, forse non capisce la domanda perchè non ha mai pensato ad imprigionare se stesso in una definizione.

“Non lo so cosa sono, io sono uno fortunato, uno che ha l’immensa fortuna di fare quello che ama fare. Tutto qui, non so dare altra definizione”

E da qui capisci che Nico l’avventura ce l’ha in ogni fibra, ma soprattutto nel cuore, nel cuore di un “montagnino” che ha cominciato la sua idea di sport da bambino scendendo le montagne della Val di Susacon la bici.

Giusto ieri sentivo uno di quei discorsi pressapochisti fatti da gente che ha necessità di riempire il discorso di qualcosa “sì, loro (i montagnini) sono chiusi, se ne stanno lì nelle loro montagne ad allevare caprette. Sai Heidi. Poi non fanno amicizia, non sono curiosi, gli interessa del loro giardino”

Ecco la risposta: Nico ha vinto 5 volte la RAAM (Race Across America), una gara in bici estenuante che attraversa gli USA da ovest ad est NO STOP.

Nico è partito dalla Liguria in bici, è arrivato a Courmayeur e poi ha scalato il Monte Bianco quasi correndo.

Nico, con la sua neo-fidanzata, è così montagnino e chiuso, che è partito da Borgomanero in bici ed è arrivato a Instambul.

Così poco curioso che ha fatto l’Argentina in bicicletta più volte portando anche dei turisti.

Avete letto il suo libro? Il titolo stesso ve lo farà amare “La fatica non esiste”.

Io me lo sono fatto autografare: “Nico mi fai un autografo?” Ride lui e rido io, perchè alla fine si vede che non è nel suo a fare la star.

Ho “conosciuto” Nico grazie ad un video, un video di cui ho visto sempre e solo il trailer perchè non sono mai riuscita ad essere davanti alla TV quando lo passavano e non trovavo da nessuna parte il DVD.

Il Video racconta l’esperienza di 2 uomini che corrono attraversando Il SALAR, il deserto di sale in Bolivia, accompagnati da 2 “assistenti” speciali, un fisioterapista e un “aiutante”. Io la storia la conoscevo non per via di Nico però, perchè io Nico Valsesia non sapevo chi fosse. Conoscevo la storia perchè l’altro runner è Marco Gazzola, il vincitore del Tor des Geants che all’ultimo è stato squalificato (giustamente) perchè ha sbagliato strada, quello che dopo la squalifica ha abbracciato il secondo (ora primo) facendogli i complimenti, Marco Gazzola, lo svizzero dagli occhi buoni e dalla grande umiltà che mi ha fatto amare il trail.

E poi lo conoscevo perchè l’”aiutante” è Giovanni Storti.

Insomma’, un’avventura da non perdere.

Conosco così, da un trailer, Nico. E mi rimane impresso, anzi mi appassiona proprio.

Sapete perchè? Perchè i suoi occhi non sono occhi normali: dietro l’espressione sorridente, fanciullesca, irriverente, dietro l’iride di ghiaccio vedi tutte le sue avventure. Occhi azzurri contornati da mille rughe sottili che testimoniano una vita densa, uno sguardo completato da un sorriso fatto di denti piccoli con incisivi pronunciati, un sorriso da ragazzino pre-adolescente.

E qui, al Desert Day di Bassano, finalmente Nico lo conosco sul serio. E vedo, dopo anni, anche il fatidico film sul Salar 🙂

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Quando chiedo l’autografo a Nico, vedo finalmente quegli occhi dal vero. E sono proprio così, occhi di chi la curiosità la vive tutti i giorni, occhi appassionati, occhi che hanno sete di bere la vita.

Non mi escono facilmente le domande con lui, perchè mi risponde ancor prima che gli ponga la domanda.

Si vede che pensa che quello che fa sia una gran figata, ma mai si considera un “figo”. E in questa frase c’è tutta l’essenza dell’uomo.

Nico non è un CAMPIONE. Poteva esserlo di sicuro, perchè il fisico del campione lo ha. Eppure ha preferito fare ciò che ama fare, senza costruzioni e infiocchettamenti.

Nico si presenta al Desert Day in furgone, con il furgone del suo negozio di bici. Senza tante parole mostra i video della sua ultima impresa: dalla costa Cilena fin sulla punta dell’Aconcagua in bicie e a piedi. 7000 metri di dislivello in meno di 24 ore.

Ovvio che ce la fa, ma è con che occhi guarda questa sua avventura che affascina: gli occhi di un bambino.

Vi lascio con la sua “faccia da Aconcagua” e l’ultima domanda che gli ho fatto:

“Nico, nel tuo libro dici…” Non mi lascia finire e premetta che il libro glielo hanno fatto scrivere, ma che lui forse ne avrebbe fatto a meno.

In compenso è bellissimo, mai come i suoi occhi di ghiaccio, ma è il racconto di un uomo che non si stanca di vivere.

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Showing 5 comments
  • Elio
    Rispondi

    Che dire…Nico e’ il mio idolo da sempre…e correre sul Salar in Bolivia e’ pura magia. Tks Carlotta

  • maury1305
    Rispondi

    Ogni sport ha il suo fascino , ma quello che fate voi, voi che correte per il solo piacere di correre, osservando il mondo che vi circonda e vi accoglie come se foste degli esploratori unici… ecco! se le mie ginocchia me lo permettessero sarebbe l’unico sport che farei al posto di quello faccio. Grazie Charlotte di condividere i tuoi momenti e le tue emozioni con noi.

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