Divieto di Sosta, presentato il libro che racconta la vita di Franco Arese.

Entro nella sala e vedo quei volti, quelli stessi volti che vedevi negli annali, quei volti a cui devo la mia passione per la fatica di oggi, quei volti del passato, perchè Sì, è Di questo che parliamo oggi, della storia e della vita di un uomo che è stato un campione, e che, con tutta probabilità, sempre lo sarà, Franco Arese. 

Noi popolo dell’Internet, noi, quelli che chiamano millennials, abbiamo un metodo infallibile epr capire se uno “è un grande”: è su Wikipedia?

Questo ve lo dico perchè i “numeri” di Arese potete trovarli proprio lì cliccando qui. Li riassumo così, giusto per diletto nell’immaginare le vostre reazioni che saranno simili alla mia. Io che ieri ho fatto i 300 in 1’01” e mi sentivo figa:

  • 800 metri piani: 1’46″6
  • 1500 metri piani: 3’36″3
  • Miglio: 3’56″7
  • 5000 metri piani: 13’40″0
  • 10000 metri piani: 28’27″0

Per un gioco subdolo che il destino ogni tanto fa, Arese ha medaglie ovunque, tranne che alle Olimpiadi… Comunque potrei sorvolare.

La personalità di un campione.

Non molto tempo orsono discutevo con un amico su cosa rende un campione una “persona vincente”, se l’educazione, il carattere, il corpo, l’indole.

Gli esempi di oggi iniziano dalla tempra di Alex Zanardi, campione di vita, all’imprenditorialità e alla voglia di fare bene, alla dedizione di Juri Chechi. Ma qual è quella caratteristica che un campione ha e che non lo fa fermare al ritiro dalla pista?

Questa è la presentazione di Divieto di Sosta, storia e vita di Franco Arese, un uomo dal palmares niente male, ma che, una volta chiuso con le gare ha saputo fondare l’Asics Italia, e che dal 2004 al 2012 ha guidato la Fidal apportando rivoluzioni che oggi rendono la Federazione di atletica ciò che è.

Credo fermamente che dietro ad un uomo che vince nello sport non ci siano soltanto le doti fisiche, indiscutibili, non solo l’allenamento, ma una predisposizione a fare le cose per bene.

Quella voglia di raggiungere il risultato senza sconti, come cita una recente pubblicità “ad ogni costo, ma non ad ogni prezzo”. Una storia che parla di amichevole rivalità, di relazioni che durano una vita, di rispetto reciproco. Una “tara mentale” positiva che porta al successo, una lealtà nei confronti del risultato che non è per tutti.

La lealtà dell’amicizia.

Il discorso si apre, con un Franco Arese commosso, di una commozione allegra, quella di uno che dopo molti anni rivede i suoi vecchi compagni alla festa dei 30 anni di diploma.

La ridondanza di un messaggio che tocca il cuore e che, alle mie orecchie da profana, cita così “qui, in questa sala c’è l’Atletica con la A maiuscola che amo, quella nella quale sono cresciuto, quella che parlava di risultati strabilianti e record mondiali, ma anche di amicizie solide”.

Più volte Arese guarda i compagni di pista con gli occhi dell’amico fraterno e la platea di fronte a lui risponde in Italiano, ma anche in inglese e in finlandese, dalle gole di atleti come Lasse Virén e Pekka Vasala.

Io , che sono una tapasciona ultima arrivata, questi nomi li ho letti nei libri del corso Fidal e li ho riguardati su Wikipedia per conoscere i volti di questi signori dell’atletica passata.

Ho osservato nello schermo del mio smartphone quelle foto che immortalano la storia dell’atletica degli anni ’70 e mi sono stupita di quei tempi da recors, così incredibili per le piste italiane di oggi.

Una platea di campioni alla presentazione di Divieto di Sosta, che pare essere tutto tranne che una biografia, ma piuttosto un’elegia encomiastica. Scritta a sei mani da Gianni Romeo, Franco Fava, Fabio Monti, racconta le tre facce di un uomo della “provincia Granda”, terrigno ragazzo, volitivo campione e capace imprenditore.

Tra passato e presente. E futuro?

Dietro queste figure oramai fuori dalla “forma olimpica” si rivelano le voci dei record, “personal best” dal profumo di portata mondiale, che oggi noi, ultimi arrivati, nemmeno sogniamo.

Un’aria di ricordo da Amarcord aleggia tra le file. Mi sento fuori da questo mondo, ben consapevole di non esserne una degna erede se non per la voglia di sorridere che mi rimane. Io, che di pista so troppo poco, resto ad ascoltare, riconoscendomi tuttavia nella voglia di andare sempre oltre, di migliorare sempre.

L’atletica italiana, in una sala di un hotel di lusso in centro a Milano si ritrova e io mi rendo conto quanto avremmo ancora da imparare.

Mi tuffo dentro alla lettura sperando di rivivere nelle parole di Romeo, Fava e Monti una parte di questo spirito.

Mi rimane un’unica domanda: siamo noi giovani che non abbiamo raccolto questo messaggio degnamente o manchiamo di una guida con la voglia di adeguarsi ai nostri tempi e linguaggi?

Durante la presentazione interventi di Lasse Viren, Pekka Vasala, Laura Fogli, Livio Berruti, Giuseppe Cindolo, Maurizio Damilano Gianni Del Buono, Renato Dionisi,  Marcello Fiasconaro, Renzo Finelli, Giuseppe Gentile, Giuseppe Gerbi, Ito Giani Giacomo Marietta, Dino Meneghin, Stefano Mei, Venanzio Ortis, Sergio Ottolina, Adbon Pamich, Francesco Panetta, Ennio Preatoni.

 

Foto di G. Colombo per Correre

RunningCharlotte
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Perché la corsa è uno stile di vita e ad ogni passo ci fa crescere un po’ e perché non bisogna essere campioni per correre, basta mettere un passo dietro l’altro. Keep in running.
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