Gestione della gara: la corsa consapevole è un plus o no?

Questo è un interrogativo che ritorna nei miei pensieri: la gestione della gara va fatta consapevolmente o istintivamente? Mi spiego: quanto conta avere testa in ogni fase di una competizione e quanto conta invece provare a uscire di giri e gestire?

Nelle due ultime gare corsa, una 10 e una 15km non centrali nella preparazione, sapevo di non presentarmi al top della forma. Sensazioni mediocri, preparazione ancora nella fase iniziale, obiettivi importanti lontani di diverse settimane: una situazione tipica per il podista medio. Ho partecipato perché erano gare del campionato di squadra e perchè avevo bisogno di fare un punto sullo stato di fatto, pertanto ho corso impostando la gara sulle mie sensazioni.

Ho attuato cioè una strategia che io chiamo “consapevole”. Il mio obiettivo infatti era proprio di valutare le sensazioni. Il risultato sono stati due chrono vicini ai mie personali sulle distanze, ma non eccellenti. Sono cioè arrivata al traguardo senza aver dato fondo alle mie “riserve energetiche”. Non ho spinto l’acceleratore fino on fondo. Malgrado fosse una strategia voluta, non posso dire di essere soddisfatta del risultato, continuo a chiedermi cosa sarebbe successo se avessi osato.

Osare o mantenere: due stili di gestione della gara.

In alcune gare, soprattutto quelle importanti nel mio piano, ho utilizzato la tecnica dell’osare. Questo perché ritengo che sia molto importante provare a volare alto, in quanto non possiamo mai conoscere realmente i nostri limiti finchè non li superiamo. Ad esempio la mia strategia in maratona è partire brillante per i primi 5km e poi gestire fino al 30° per sondare lo stato di forma della giornata e poi provare a spingere fino in fondo l’acceleratore dal 30 al 35, cioè osare proprio nel momento in cui normalmente si crolla. Questo avviene perché ho imparato a gestirmi egregiamente in maratona (salvo imprevisti ovviamente). Il problema ritorna però nelle gare brevi però, dove non ho ancora capito quale sia la strategia migliore.

Nell’ultima gara, di 15,4km, ho potuto valutare la strategia consapevole. Questa è una gara che di anno in anno presenta sempre lo stesso percorso per cui è semplice fare paragoni. Quest’anno ho corso 1 secondo al km più lentamente dello scorso anno, in media, ma con una strategia opposta. Nel 2024 infatti avevo corso i primi 5km già in soglia anaerobica, essendo questi lievemente in discesa e accumulando un certo anticipo. Per poi trovarmi esausta tra il 7° e il 10° km quando la pendenza sale leggermente. Quest’anno ho optato per una maggior consapevolezza nella parte iniziale di gara, con una FC sotto la soglia, per poi dare maggior enfasi alla parte centrale.
Il risultato cronometrico è stato molto simile, salvo che quest’anno sono riuscita a superare una avversaria che era avanti, togliendomi la soddisfazione di anticiparla, mentre nello stesso punto un anno fa ero stata superata.

Ma come possiamo essere certi di quale sia la strategia migliore?

La risposta non esiste e penso che dipenda molto dalle caratteristiche personali. In due edizioni successive della Marcialonga Running, una gara di 26,5 km con 21km leggermente in discesa e 5 km finali con una pendenza in salita spacca gambe. Al primo anno ho tenuto il freno tirato nei primi 21km, trovandomi fresca ed energica in salita, dove ho superato tre concorrenti posizionandomi al terzo posto assoluto. L’anno dopo ho tentato di migliorare, accelerando nella prima parte e trovandomi esausta in salita, perdendo tutto il vantaggio accumulato e correndo la gara quasi due minuti più lentamente.

C’è da dire che contano molto le caratteristiche personali e l’abilità nel tenere a bada i pensieri negativi. Ho notato negli anni che io sono tendenzialmente un diesel, soprattutto di testa. Quando parto troppo forte, facilmente non reggo ai pensieri negativi, perdo il focus sull’obiettivo. Mentre altre riescono ad andare a braccetto con la fatica fin dal primo chilometro, non preoccupandosi già da subito del risultato finale.

Un’altro parametro di cui tenere conto è indubbiamente il tipo di gara e quanto quella determinata distanza ci sia congeniale. Se ho confidenza con i 42km, la fatica di una 10 per me è ancora una conoscente, non certo un’amica. Faccio difficoltà quindi a fare mia la sensazione di annebbiamento mentale dei 10mila.
Cosa che invece non avviene in gare più corte, magari in pista, dove la ciclicità dell’anello della pista stessa mi aiuta nel mantenermi lucida.

La costanza

Di base comunque la strategia migliore è la costanza del ritmo. Un ritmo costante e gestibile ci permette di aprire il gas negli ultimi chilometri, o comunque di mantenere lo sforzo sotto controllo. Osare può dare grandi soddisfazioni, ma è comunque una strategia rischiosa, mentre “chi non risica non rosica”. Bilanciare le strategie in base al momento, allo stato di forma e all’importanza della gara è un atteggiamento sano. Ci sono situazioni in cui osare e altre in cui risulterebbe un azzardo.

 

RunningCharlotte
RunningCharlotte
Perché la corsa è uno stile di vita e ad ogni passo ci fa crescere un po’ e perché non bisogna essere campioni per correre, basta mettere un passo dietro l’altro. Keep in running.
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