Giorgio Calcaterra, il Re dei Semplici

Questa non è un’intervista, nel senso che non ho fatto delle domande a Giorgio Calcaterra e lui non mi ha dato delle risposte.

Questa è una narrazione, il racconto di quanto ho visto, di quello che ho percepito, di quello che ho provato avendo l’opportunità di trascorrere qualche ora in compagnia di quest’uomo.

Non so se a lui farà piacere o no e se così non fosse mi scuso in anticipo, ma non posso fare a meno di scrivere questo articolo che per me sarà una lode all’uomo, alla persona, all’atleta.

Siamo a Cordenons, in procinto di “apparecchiarci” per correre la prima tappa del Magraid. Di apparecchiato c’è solo il tavolo del pranzo per ora. Io sono seduta con i ragazzi di Soul Running e i giornalisti internazionali delle varie testate. Nel tavolo dietro Antonio Iossa, presidente della ASD che organizza la gara, e i suoi collaboratori.

Quando Giorgio arriva non me ne accorgo nemmeno, forse stavo controllando Instagram come mio solito, oppure cercando di tenere un discorso in un inglese imperfetto.

Arriva senza far rumore. Ce ne accorgiamo solo quando Iossa lo annuncia.

Magro, apparentemente fragile, con quegli occhi grandi e quel sorriso da marachelle, Giorgio Calcaterra, 12 volte vincitore del Passatore, più volte campione mondiale sui 100km, Giorgio Calcaterra immenso nei suoi jeans troppo grandi (e come trovarne che stiano su un uomo così magro?).

Mangia compìto. Siamo gli unici due a domandare pasta all’olio con il disappunto del gestore, specializzato in cucina di pesce.

Gente semplice la nostra, gente che si accontenta di stare bene (come se fosse poco).

Arriviamo al campo base e siamo nella stessa tenda. Io, lui, Gionata, Livia e Simona.

Calcaterra non è avvezzo a queste gare quanto non lo sono io. Chiede consigli a noi, lui, il Grande Campione. Sorride, domanda e ringrazia. Simona gli presta il sacco a pelo, Gionata lo aiuta con lo zaino con il quale non ha mai corso.

Qualcuno gli domanda una foto, altri l’autografo sul libro che ha scritto. Non dice mai di no. E continua a ringraziare.

Vince facilmente la prima tappa, di soli 20 chilometri, mangia e si corica presto.

La notte passa agitata pensando al domani, a quei 55 chilometri che io non so come gestire, ma forse nemmeno lui.

Quello che si sente guardando quest’uomo è un qualcosa simile all’amore. Una voglia di stare ad ascoltare tutto quello che ha da raccontare un uomo che ha vinto tanto. Eppure, non parla delle sue vittorie. Ma, d’altronde, chi vince per davvero non ha necessità di parlare di sè. Lo fanno già troppo gli altri.

La seconda tappa lascia me stanca come non mai e lui forse di più.

Quando torno in tenda lo trovo claudicante per le troppe vesciche, stanco. Ma sorridente. In qualche modo amo guardare le debolezze altrui, perchè nei momenti di debolezza si vede l’uomo, quello vero.

E in lui si vede solo sincerità, bontà e purezza.

Ha vinto anche oggi.

L’indomani parte per la gara con tutte le sue vesciche e non demorde, senza perdere il sorriso. Non vince la tappa, ma la gara.

L’ammirazione di tutti noi è senza se e senza ma.

Giorgio Calcaterra è il Re dei Puri.

Giorgio mi dà quella bellissima certezza, che ogni tanto rischio di perdere: essere onesti, buoni e tenaci è un’arma disarmante.

Guardo lui e penso a tutti quelli che cercano le scorciatoie nella vita, a chi cerca di imbrogliare, a chi cerca di sopravvivere senza troppo faticare. A coloro che onorano le apparenze prima della verità.

Questo, questo qui che ho davanti è un uomo. 

Grazie Giorgio, per le tue vittorie certo, ma soprattutto per l’esempio che dai a tutti noi.

Grazie Giorgio.

RunningCharlotte
RunningCharlotte
Perché la corsa è uno stile di vita e ad ogni passo ci fa crescere un po’ e perché non bisogna essere campioni per correre, basta mettere un passo dietro l’altro. Keep in running.
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