Il Cammino Sostenibile: Secondo Giorno, le Tre Cime di Lavaredo

Nell’immaginario di ognuno di noi esistono immagini iconiche. Sono quelle immagini che ti vengono in mente se pensi ad un concetto generico. Che ne so, se io penso alla parola cane, in mente mi viene l’immagine di un border collie, se penso alla parola casa, mi immagino una casa in mattoni rossi come quella dei mie – benchè io viva in città da molti anni – o ancora se mi dici “albero” io vedo una quercia.

Se sento la parola “Dolomiti” io vedo le Tre Cime di Lavaredo.

La cosa buffa è che io, le Tre Cime, non le avevo mai viste. Capite quindi il perchè di tanto entusiasmo nell’affrontare questa tappa.

Dal Rifugio Tre Scarperi al Rifugio Locatelli.

Partiamo con tutta calma, con il sole. Alcuni escursionisti sono partiti presto, ma noi non abbiamo fretta. La tappa di oggi non è lunga, ma va assaporata con calma.

Come la prima colazione del Tre Scarperi, che mette in tavola salumi, formaggi e confetture fatte in casa, pane artigianale, yogurt intero, il tutto corredato da succhi e acqua fresca.

Sul sentiero incontriamo la carovana di escursionisti con i lama, lenti e allegri.

La prima salita è irta. E’ la prima vera salita del tour e ringrazio di aver preso i bastoncini (d’altronde sono i Masters “Tre Cime”… potevo lasciarli a casa?). Dopo circa un’ora e mezza senza tregua, si apre un altopiano erboso e soleggiato. Le prime cime dolomitiche si vedono di fronte a noi. Amo le Dolomiti perchè si ergono proprio dove non te lo aspetti, con pareti verticali come muri, dritte sui prati verdi.

E’ bellissimo.

Giriamo seguendo il sentiero che si fa strada tra la roccia ed eccole.

Di fronte a noi le Tre Cime di Lavaredo fanno bella mostra della loro maestosità.

Ci fermiamo e contempliamo.

La discesa al Rifugio Locatelli si preannuncia affollata. Sul colle vediamo una coda di turisti venire dalla strada asfaltata dell’Auronzo.

Mi pento di aver prenotato il pernotto al Rifugio Auronzo immediatamente. Il chiasso rovina i miei pensieri.

Realizzo un pensiero che non mi piace, ma che forse è reale: la montagna non può essere per tutti, deve rimanere di nicchia.

Entriamo al Locatelli per un caffè. C’è coda per il bar, per il bagno e per sedersi.

Dal Rifugio Locatelli al Rifugio Auronzo

Si possono percorrere due strade. Scegliamo quella più lunga, sperando di evitare la ressa.

Purtroppo non è possibile. Un enorme gruppo di ragazzini non avvezzi ai sentieri ci precede, lentissimo e sgangherato.

Superiamo le coppiette di fidanzatini e le amiche del cuore mano nella mano, con i nostri zaini pesanti. I discorsi intorno a noi sono quelli tipici dei tredicenni, tanto che provo tenerezza nei confronti di questo variegato gruppo di adolescenti.

Le Tre Cime di Lavaredo sono un’attrazione per tutti, anche per chi la montagna non la ama affatto. Come un’opera d’arte celeberrima, richiamano gli occhi curiosi di un variopinto numero di turisti, che si trovano in scarpe da passeggio sui sentieri terrosi.

Arriviamo un poco più di un’ora in vista del Rifugio Auronzo, o meglio, del suo sterminato posteggio, dove file di auto e pullman brillanto sotto al sole.

Io non immaginavo si arrivasse in auto, qui. Non lo avevo minimamente supposto e mi pento di aver prenotato proprio questo rifugio.

Entriamo e ci accoglie un receptionist giovane e preparato. Ci illustra le tariffe del pranzo e della cena e le modalità.

Le carote tricolore del Tre Scarperi sono lontane centinaia di chilometri da qui.

Il Giro delle Tre Cime

Prima di cena decidiamo di avventurarci nel celeberrimo “Giro delle Tre Cime”. Lungo il sentiero affollato per distrarmi avevo osservato qualche escursionista camminare a ridosso delle pareti verticali delle cime. Mi apre un itinerario per pochi e lo scelgo. Imbocchiamo il sentiero dalla parte opposta dalla quale siamo arrivati.

Il primo tratto è largo e tra cani, passeggini e signore in sandali noi sembriamo leggeri e veloci.

Al primo colle, che dà sul Locatelli nuovamente, mi trovo ad osservare le gambe della ragazza di fronte. Mi sembra di conoscerle ed effettivamente le conosco. Saluto Camilla con sorpresa, corre nella mia stessa squadra ed è qui per un trekking, sola. Camminiamo qualche minuto insieme, i casi della vita. Poi lei si stacca e noi continuiamo sulla pietraia. Le pareti sono esattamente sopra di noi. E’ bellissimo. E scivoloso…

Facendo attenzione alle pietre mobili procediamo lentamente. Il sole sta lentamente calando.

Completiamo il giro in un paio di ore e ci prepariamo per la cena.

Ho fame e mangio, ma il self service del rifugio è di una qualità infima. Pasta scotta, minestrone surgelato e carne alla quale non oso avvicinarmi non soddisfano il mio palato. Lo strudel è ancora congelato nel centro, l’insalata sa di conservanti.

Guardo il panorama magnifico nel tramonto dorato e mi chiedo come sia possibile che un rifugio raggiungibile in auto non si conceda una cucina almeno mediocre.

Nei rifugi CAI non si mangiava polenta e formaggio?

Qui non ci sono nè uno, nè l’altro. Mi viene il dubbio che sia perchè nessuno dei due può essere surgelato.

Ore camminate: 6h15′

Chilometri percorsi: 21 km circa

Rifiuti prodotti: 1 vassoio di cartoncino e 2 tovaglioli di carta di ieri, una bottiglia di acqua in plastica (il rifugio non ha acqua potabile) e tutti quelli non visti nella cucina del Rifugio Auronzo.

Tracciato GPS:

Rifugio Tre Scarperi-Rifugio Auronzo: https://connect.garmin.com/modern/activity/3850615453

Giro delle Tre Cime: https://connect.garmin.com/modern/activity/3851206058

 

Mia mamma e mia zia all’Auronzo nel 1974

RunningCharlotte
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Perché la corsa è uno stile di vita e ad ogni passo ci fa crescere un po’ e perché non bisogna essere campioni per correre, basta mettere un passo dietro l’altro. Keep in running.
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Showing 2 comments
  • Lorenza
    Rispondi

    Mamma mia che grande tristezza leggere tanta ostilità nei confronti del genere umano! Turisti, bambini, cani, adolescenti, anziani non si salva nessuno per lei! Ho smesso di leggere! Speriamo che il turismo di nicchia a cui allude non includa gente come lei!

    • RunningCharlotte
      Rispondi

      Salve Lorenza, ho pensato se rispondere o meno al suo commento. Questo perchè penso che quanto scrive sia totalmente fuori luogo: io non odio il genere umano e ho riletto due volte l’articolo per capire dove lei abbia trovato ostilità, senza trovarla Addirittura mi scrive che odio bambini e anziani. Chissà dove lo avrei scritto… Scrivo di montagna da diversi anni e non sul mio blog e ho un’idea molto precisa del turismo in ambiente montano. La situazione alle Tre Cime di Lavaredo (che peraltro è peggiorata negli anni dopo il mio trekking) è una situazione non sostenibile per l’ambiente in cui si svolge. La montagna non può assorbire questo tipo di turismo e, mi creda, non è ostilità verso il genere umano, è rispetto verso l’ambiente naturale. “Ritagliare” una piccola autostrada in piano, da percorrere con qualsiasi mezzo monopattini compresi, sulle pendici delle Tre Cime per permettere a qualsiasi tipologia di turista di vivere il mondo alpino è un errore grave. In questo contesto infatti si assiste spesso a intasamenti (e non scherzo) di persone che frequentano il sentiero, code per entrare in un ambiente alpino che invece andrebbe salvaguardato. Poter arrivare in auto al rifugio invece che a piedi, semplicemente pagando un salato dazio in ingresso, ammassarsi sul sentiero con qualsiasi tipo di abbigliamento e mezzo, schiamazzare, pestare le piante, per arrivare a mangiare la propria fetta di strudel confezionato in plastica e prodotto a centinaia di km di stanza. Questo, mi creda, non ha NULLA a che vedere con la montagna. Io le auguro di incontrare sul suo percorso persone che invece le sappiano far vivere la montagna da vicino, mostrandole non solo i lati turistici paga-mordi-fuggi , ma piuttosto quelli reali, fatti di persone che vivono la montagna 365 giorni all’anno da generazioni, con una cultura di questi luoghi infinita e affascinante. Ovviamente, però, per fare questo, deve mettersi in condizione di farlo. La montagna non è un parco giochi.

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