Il Monviso delle Donne, sognando le vette

Mi sveglio la mattina, caffè, vado in balcone e guardo il cielo. Fa caldo anche oggi, mi devo sbrigare a uscire a correre. Mentre bevo il caffè vedo il suo profilo all’orizzonte, illuminato dal sole del mattino.

Il Monviso è sempre stato lì, dietro le spalle nei lunghi vino a San Mauro, davanti agli occhi nelle ripetute al Valentino sul lato poco frequentato, incorniciato dal Ponte Isabella. In mezzo al parabrezza dell’auto quando si va verso Carmagnola, addirittura sopra l’orizzonte della scritta “Sportland” quando vado al lavoro.

Il Monviso per i Piemontesi è un’icona, ma in pochi conoscono la sua storia, o meglio le sue storie.

Il Monviso della sorgente del Po e dei commerci medievali

monviso torino

E’ ai piedi del Monviso che nasce il Po, là, in fondo al Pian del Re. Il Po che è simbolo dell’Italia del Nord, il Po che attraversa la nostra pianura fino all’Adriatico. Il Po che i moderni hanno voluto spartiacque ideale tra nord e sud, ma che gli antichi vedevano solo come risorsa per tutte le genti.

Ai piedi del Monviso nasce l’Italia unita e problematica, fertile e umida, travagliata e forte.

E ai piedi del Monviso si trovava la terra fertile dei Conti di Saluzzo, gli stesso conti che fecero costruire nel XVI secolo il primo traforo alpino, il Buco di Viso, che portava i commerci tra Italia e Francia ad una modernità ancora inedita.

Il Monviso della storia dell’alpinismo femminile

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Durante la quarantena ho letto, tra gli altri, un libro che mi ha colpita. “Nina devi tornare al Viso” di Linda Cottino è la storia romanzata di Alessandra Boarelli, prima donna a salire in vetta al Monviso.

Premettendo che salire in vetta al Viso per me è un sogno da sempre proprio perchè questa piramide di roccia si vede da ogni parte dalla quale mi giro, ma dopo aver letto il libro della Cottino – grande giornalista e appassionata di storia dell’alpinismo che in passato fu direttrice di ALP – il sogno ha delineato meglio i suoi contorni.

Alessandra Boarelli non fu solo la prima donna a salire sul Re di Pietra, ma fu una delle prime a dare una posizione alle donne nell’alpinismo. La Boarelli, infatti, ha “rischiato” di essere non solo la prima donna a scalare il Monviso, ma la prima in assoluto. Un caso fortuito la fece arrivare in ritardo di un anno. Infatti anche lei faceva parte del gruppo di Quintino Sella che per la prima volta tentò l’impresa nel 1863 fallendo a causa di una guida non troppo solerte. Il Sella ritentò, riuscendoci, una settimana dopo, mentre Alessandra, madre di due figli e signora di un certo rango, era a giocare il suo ruolo di donna.

Perchè la vita è un’occasione, un caso, ma anche un ruolo sociale, delle responsabilità e dei doveri.

Ma i sogni non si imbrigliano e Alessandra ritenta appena possibile. E riesce.

Quando anni dopo racconta alla giovane inglese Lizzie Flower la sua storia, dice: “Essere arrivata lassù, dopo la sconfitta dell’anno precedente, fu un atto colmo di significati”. “Il sogno era divenuto realtà”. “Il Monviso è la montagna di tutta la mia vita”. 

Sara ed io alle prese con il Monviso

Proprio perchè penso che i sogni vadano onorati, il 12 e 13 agosto Sara (www.runningfactor.com) ed io, accompagnate dalla guida Jacopo Alberti, proveremo ad arrivare in cima.

Dico “proveremo” perchè la montagna non dà mai certezze, benchè oggi il Re di Pietra sia una ascensione alpinistica facile. Abbiamo scelto di andare in due perchè entrambe abbiamo il sogno negli occhi e ovviamente abbiamo scelto una guida di cui fidarci perchè in montagna bisogna avere esperienza e noi ne abbiamo ancora troppo poca.

Non sarà la solita salita, un po’ di corsa e chiacchierando. Non sarà la solita scampagnata con qualche tratto difficile. Avrà la profondità del sogno e il turbamento dell’incertezza, lo stesso che si vede negli occhi degli alpinisti che fanno colazione al rifugio Sella quando il sole è ancora lontano dal sorgere.

Quello che è certo è che cercheremo di raccontarvelo, non so se live perchè temo non avremo tempo di vagare nei social, ma sicuramente con grande trasporto.


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RunningCharlotte
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Perché la corsa è uno stile di vita e ad ogni passo ci fa crescere un po’ e perché non bisogna essere campioni per correre, basta mettere un passo dietro l’altro. Keep in running.
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