La Calabria rosa: Amantea
Cosa mi rimane di una corsa verso la splendida Amantea?
Non semplicemente mare, non soltanto mare, molto più che il solo solo. Mi rimane LUCE.
Quella luce negli occhi di persone che credono nella propria terra, quella luce rosa che inonda la rocca di Amantea e la trafigge.
Partenza dalla frazione di Campora San Giovanni, dove le luminarie del corso principale fanno da sipario a negozi trafficati, ad un disordine allegro di gente e auto. Non amo il disordine, ma questo sì.
Per arrivare poi, attraverso strade di altri tempi, al lungomare, dove mi colpisce più la bellezza della decorazione graffittara dei sottopassaggi che la totalità del mare infinito. Sono fatta così, mi colpisce il dettaglio e non l’insieme. Anche nelle persone.
Messaggi d’amore e allegria, messaggi di vita di fronte alla costa.
Mi ricordano i carretti siciliani, questi graffiti. Ma siamo in Calabria. Oppure la stampa di un abito messicano.
I passi arrancano in un caldo soffocante e, mentre il sudore cola lungo le cosce come dopo un bagno, si attraversano ferrovie e rigagnoli e si sale in alto sul mare.
Gli stop sono tanti, causati dal caldo e dalla lentezza.
Ci si ferma ad una Cantina, uno di quei posti che in qualche modo mi ricrdano la mia Valle d’Aosta. La gente, dove ha poco, ha tutto in quel poco. Ed è stupendo.
Ti rendi conto che per chi la vita l’ha sudata per davvero, come quegli anziani lì seduti, il tuo sudore è forse incredibilmente stupido.
Guardo i tatuaggi sulle loro braccia. Il Che, tatuato chissà quanti anni fa, si allarga di inchiostro su un bicipite anziano.
Sorridono e ci salutano.
L’Ecomaretona è più bella per questi sorrisi che per il solo mare.
Intravvediamo Amantea.
Non pensavo fosse così bella. Rosa. E’ tutta rosa.
Corriamo giù, nel centro storico.
Invidio quelle anziane sedute in un orto con affaccio sulla rocca.
Loro e le loro sedie di plastica bianca e le file di pomodori che si intrecciano alla vite (“là, dove l’ulivo s’intreccia alla vite”…)
Ad aspettare me, proprio me, all’arrivo, Nada, l’amica di mamma.
Nada, che nome strano. Dolce.
Non l’avevo mai vista, ma è come se la conoscessi da tanto. Mi ricorda mamma, sono sicura che ha il suo stesso. Vorrei abbracciarla, ma sono troppo sudata.
Questo filo sottile tra la Calabria e la Valle d’Aosta, che in questo istante ci unisce. Che unisce gli sguardi cotti dal sole e il saper trovare la vita nelle cose semplici.
Ci diamo appuntamento a settembre con Nada, per una passeggiata tra i monti. I miei, che sono anche un po’ i suoi.
Bello non avere limiti e non dire mai “io questo non lo amo”, ” io questo non lo faccio”. Avrei la fortuna di amare la metà delle cose.
Amo tutto.
Oggi, soprattutto questa Calabria dalla luce rosa.
Sicuramente una bellissima esperienza in luoghi magici…!