La corsa da condividere. O no?
Condividere la corsa, ieri.
Quando io ho iniziato a condividere i miei pensieri di corsa sui social, non lo faceva quasi nessuno. Eravamo una manica di appassionati che scrivevano sentimentalismi sulla corsa. Ci accomunava una sola cosa: il fatto che la corsa ci avesse migliorato la vita. E da qui arrivava tutto il resto. Chi come me postava articoli motivazionali e romantici, chi come altri provava scarpe, chi raccontava gare. Ricordo con un po’ di nostalgia i miei primi social post. Erano foto di me che correvo con in super delle frasi motivazionali legate al concetto di base che fare fatica e ottenere dei risultati fosse la chiave per risolvere le insoddisfazioni della vita.
L’obiettivo di tutto questo? Da una parte c’era il sentirsi bene per aver esternato le proprie emozioni, dall’altra la soddisfazione, insperata, di trovare qualcuno dall’altra parte del social che si sentisse motivato dai miei racconti.
Nessun altro fine. Un’apparente inutilità che rendeva il condividere un gesto semplice. Un gesto che ben si sposava con la semplicità di questo sport.
E oggi?
Oggi condividere la corsa appare un gesto obbligato, complicato. I mezzi sono diversi, ma hanno tutti una “strategia” di condivisione. Lo stesso Strava ha una descrizione per ogni allenamento, una foto da abbinare, una app pro da acquistare. Per non parlare di Instagram, che si basa su algoritmi. E poi i gruppi di corsa, che in epoca Covid hanno riempito la mia bacheca di qualsiasi tipo di immagine. Correre e comunicarlo, nel modo giusto, con l’immagine giusta, con la strategia migliore. Tempi, outfit, opinioni, allenamenti. Un rapidissimo susseguirsi di post che vengono visti da tanti, ma per un tempo brevissimo, effimero. “Mi segui su Garmin Connect?”. Poi lo stratagemma dei Reel instagrammabili, che significa che mentre corri ti fermi, ti metti in un luogo scenico e giri un video. Bello, tutto fatto anche da me. Ma alla fine qual è lo scopo? A chi serve quella comunicazione? A chi legge o a chi pubblica?
Sono arrivata ad uscire appositamente per creare contenuti, prima della corsa, anche senza corsa talvolta. E in tutto questo, ciò che si perde è proprio lei, la corsa che tanto amo. Tutto calcolato e non sto parlando di ritmi e ripetute, ma delle motivazioni e delle emozioni. Calcolate.
E io non riesco. La voglia? Quella di smettere di condividere. Per sempre, totalmente. Ma cosa otterrei? Nulla se non di non mettermi a confronto con la realtà dei social del 2023. E quindi faccio un passo indietro. Torno alla base. Corro, non mi fermo. E scrivo, che poi è probabilmente la sola cosa che so fare (e ancora…).
Per me, per voi, per noi. Per la corsa.
Perchè non si riduce sempre tutto solo a 15” di corsa ben fatta a comando a favore di camera. Alle volte sì. Oggi per me no.
La sfida sarà condividere la realtà e scoprire se piace ancora. Se mi piace ancora. Ma penso proprio di sì.
Nell’apprezzare moltissimo il tuo tentativo di vivere con consapevolezza quello che si vive, condivido una mia poesiuola, (definirla poesia sarebbe troppo) che, guarda caso, parla della corsa (in montagna).
Nel mezzo del cammin (Dante ne avrà a male!?)
Nel mezzo del cammin della mia vita
Mi ritrovai di fronte una salita.
Quanto irto e sconnesso era il sentiero
Di grandi sofferenze era foriero.
Sembrava ‘si lontana quella cima
Che spesso io in me perdevo stima.
Le gambe però continuavano ad andare
quasi sapessero da sole cosa fare.
La strada non sempre era segnata
E spesso la mia via era sbagliata.
Così tornavo indiertro sui miei passi
Rischiando di inciampar sopra quei massi.
Ma quando finalmente vidi lì il traguardo
Io oltre ero già con il mio sguardo.
Perchè più forte di me è questa voglia
Di andar, se necessario, oltre la soglia.
Così che , quando il tempo mio sarà finito,
Nel nulla io non pensi sia svanito.