La mia Chicago Marathon, maratona vuoi sposarmi?

I am brave.

I am confident.

I am fearless.

I am powerfull.

I am strong.

I am inspired.

I am hopeful.

I am focused.

I am determined.

I am ready.

Leggo questo mantra non appena arrivata all’expo della Chicago Marathon, sulle scale che portano al piano dove mi consegneranno il tanto amato e temuto pettorale.

Chicago-Marathon

Le scale dell’expo

Fotografo le scale e vedo un gradino libero, al fondo.

Mentalmente ci scrivo su “I am a Princess”.

Questo è il – lungo – claim della Chicago Marathon, quasi un mantra. Mi viene in mente il pezzo di un film che ho molto amato, “The Help”, in cui una tata di colore negli USA del sud degli anni 50′ (credo) per incoraggiare la bambina (bianca) che educa, recita questa filastrocca “Tu sei carina, tu sei brava, tu sei importante”.

Mi ritrovo stamani con queste parole nella testa.

Sono le 4:30 del mattino, io non dormo da un po’ e tra tre ore parte la Chicago Marathon.

Mi ripeto: I am fearless, I am powerfull, I am Gratefull, I am Brave, I am a Princess.

Ho riscoperto il potere dell’autostima in questi due giorni… ma torniamo indietro di qualche ora.

Il viaggio.

Quando ho prenotato questa maratona avevo appena terminato di correre a Berlino. Ero single, solitaria e dterminata. La Maratona riempiva la parte migliore delle mie giornate.

Le cose, poi, hanno fatto il loro corso. Ho ricreato una stabilità affettiva, mi sono ripensata più affabile e stabile, ho rivisto le mie priorità mettendo al centro della vita famiglia, amore e amici.

Mi sono ritrovata alle porte della preparazione con meno convinzione del solito, più serena, ma meno cazzuta. Alla domanda “In quanto la vuoi fare” non avevo risposta. In fondo al cuore mi importava, ma sto vivendo un periodo di cambiamento e ho dimenticato, in tutto questo, le mie priorità egoistiche in senso buono.

L’estate, lavorativa al 100%, mi ha sorpresa stanca. Io, questo viaggio, ad un certo punto lo avrei evitato.

Poi un allenamento andato bene, uno dopo e poi un altro ancora e la fiducia in me stessa è rispuntata, ma era tardi.

Sono partita senza ambizioni, ma con una serenità interiore che non avevo mai avuto.

Ho iniziato a non stare nella pelle una settimana fa. Ho iniziato a sentirmi figa una settimana fa.

Prendere un aereo da sola per andare dall’altra parte del mondo, dormire in un ostello perchè di soldi ne ho troppo pochi per un hotel, partire da quello start da sola, senza che nessuno me lo abbia chiesto, ma solo per me e per mia decisione mi sono sembrate cose molto fighe.

Ho scelto Chicago perchè lo desideravo, non ho cercato nemmeno mezzo sponsor perchè oggi mi interessa raccontare verità e non marchette, perchè la corsa per me è fatta a mia immagine, perchè voglio scegliere ogni dettaglio.

Ho viaggiato con il solo bagaglio a mano per risparmiare, ho lavorato fino alle 20.30 del giorno prima e lavorerò al mio rientro.

Da sola, per mia scelta e per mia gioia.

I am brave.

I am powerfull.

Chicago.

Quando sono scesa dall’aereo il mio stato di grazia aveva oramai raggiunto l’apice.

Giornaliero per i mezzi pubblici e via in metro, con Bach nelle orecchie. Sorrido al vetro della metro che si apre su case di mattoni rossi.

L’ostello mi attende con tutto ciò che da un ostello non mi aspettavo: servizi, pulizia, gentilezza e centinaia di maratoneti. E’ a 200 metri dalla partenza, la sera posso cucinare la mia pasta al burro – 200 grammi – e le mie compagne di stanza sono 5 Polacche e una Orientale che corrono.

Chicago-Marathon

Cena di due Italiane

Mentre mi cucino la mia pasta pre-gara al sapore di niente, incontro tra i fornelli Cristina, una mia follower e chiacchieriamo. Mi viene da ridere se penso che la cena prima della gara è stata con una ragazza che non conoscevo, emigrata negli USA per lavoro, che mi conosce via Instagram, ma ammetto che è stata una bellissma serata.

Il 13 ottobre è anche il compleanno della mia amica Romina. Mi spiace non esserci, ma il mio posto questo weekend è qui e so che la penserò per tutti quei chilometri.

Chicago è bellissima e freddissima. Il vento è gelato e arrivo all’Expo Maratona con la mia valigia minuscola a spalla e i capelli arruffati a caso sotto al cappello di lana.

Non appena prendo in mano il pettorale scoppio a piangere. Sono felice e serena come non mai e per esserlo non ho bisogno di nessuno se non di me.

Chicago-Marathon

I am confident.

I am hopefull.

I am inspired.

La Maratona.

La mattina piango ad ogni dettaglio nuovo, piango quando chiamo mamma, piango a vedere i maratoneti all’alba, piango quando incontro Ilaria all’angolo come previsto – correremo quanto più possibile insieme – piango quando l’inno americano risuona nel silenzio e tutti i runner si mettono la mano sul cuore.

Sono terrorizzata, non so assolutamente come andrà, fa un freddo tagliente, disseminato di folate di vento ancora più gelate.

Partiamo e per la prima volta mi succede una cosa: non sento nulla. Anzi, per qualche chilometro l’idea di doverne fare ancora così tanti mi fa sprofondare nello sconforto.

Dedico il primo chilometro a Massimo, per la pazienza con cui si prende una donna come me, che non riesce a stare ferma un secondo e necessita di un grado di indipendenza fuori dalla norma.

Dedico i restanti chilometri alle donne che popolano la mia vita, a Romina, che festeggia i suoi 40 anni facendo a meno di me che sono dall’altra parte del mondo. A mamma, soprattutto a mamma, che sta tirando fuori il lato più figo di sè, dimostrandomi che è una donna con una grinta ben superiore alla mia. A tutte le mie Principesse, che mi stano facendo un tifo unico e anche a tutte quelle donne con le quali ho avuto qualche screzio ultimamente (non tante, ma pesano come fossero mille).

Penso a quanta forza abbiamo da esprimere. Di fianco a me sento il respiro di Ilaria, anche lei maratoneta silenziosa come me. Prima di oggi abbiamo corso insieme una sola volta e ci siamo subito trovate.

I miei pensieri oscillano tra corsa e volti amici, sento che è tutto ok, anhe e con qualche ombra. Passate alla Mezza Maratona in un tempo più voce del solito io sono destabilizzzata. Ilaria piano piano mi lascia andare. Ho freddo, tanto freddo e non ho la più pallida idea della velocità.

So solo che corro e basta. Intorno a me qualcuno inizia a cedere, altri mi raggiungono, partiti più veloci da wave dietro alla mia. Una signora dall’incredibile petto in pura plastica mi si affianca e non mi molla. Si vede lontano un miglio che una tosta. Alle volte mi supera, altre mi sta a fianco, ma non molla un centimetro. Mi viene da pensare al suo seno. Chissà se è stata una scelta sua, quella di rifarlo? Oppure la vita le ha rubato l’originale?

Fatto sta che tiene il passo e io la trovo fantastica.

Trentesimo chilometro, inizio a realizzare che sto correndo bene.

Sono stanca, ma nessun muro mi sorprende. Mi spiace quasi, perchè lo aspettavo per farci un po’ a botte. Invece nulla. Passiamo nel quartiere latino e la musica mi tira sù il morale.

Sono molti i cartelli e il tifo in questa maratona. Ne leggo alcuni geniali, altri molto incoraggianti. Uno cita “I want your stamina, can I have youre phone nuber?”. Un altro “You are so pretty, baby”. Immediatamente mi sento bellissima.

I am powerfull.

I am a princess.

Sul muro di un Burger King un enorme murales cita “Run like a clown is chasing you” con ovvio riferimento al competitor McDonald’s. Rido.

Trentasette e le gambe esplodono di fatica.

Non mi interessa, penso a come ci dive sentire con una chemio che ti si spara nelle vene e ringrazio il dolore ai muscoli.

Quarantesimo, la città esplode di urla e musica.

Quarantuno, inizio a piangere, guardo l’orologio e sono sui tempi del personale.

Gli ultimi 195 metri li facio a braccia alzate, così alzate che mi sembra di volare.

3h09’00”

Tutti miei, semplici come la corsa.

Sono appagata.

Sono pronta.

I am ready.

A London 2020 te lo chiederò e spero mi dirai di sì:

“Maratona, mi vuoi sposare?”

Un grande grazie alle donne che erano qui a Chicago e che ho incontrato anche solo per caso. In primisi Ilaria, amica di corsa, Cristina, amica casuale di ostello, Niki, compagna di post instagram e di cena a base di ribeye post gara.

Grazie.

RunningCharlotte
RunningCharlotte
Perché la corsa è uno stile di vita e ad ogni passo ci fa crescere un po’ e perché non bisogna essere campioni per correre, basta mettere un passo dietro l’altro. Keep in running.
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Showing 4 comments
  • Angelo
    Rispondi

    You are “BEAUTIFULL”……

  • Giorgio Pulcini
    Rispondi

    Racconto bellissimo ed emozionante! MA con tutte quelle lacrime sarai partita già disidratata… 😂

  • Antonio Margiotta
    Rispondi

    Bellissimo racconto, coinvolgente e poi UNA GRANDISSIMA PRESTAZIONE CRONOMETRICA. Complimenti

  • Niki
    Rispondi

    Bellissimo racconto e contenta di aver fatto parte di qs avventura! Brava Carlotta!

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