Un mantra a base di maionese: la motivazione passa da qui
Quando vai a correre avrai il tuo mantra, vero Carlotta?
Solitamente dico di no.
Ma non so dirvi se è vero o è una mezza verità.
Perché se è vero nel 90% dei casi, nel restate 10% ce l’ho.
Intanto, vi ribalto la domanda: voi avete un mantra? Come cos’è un mantra?
Dicono fonti molto accreditate che provengono dalla filosofia del pensiero e dalla meditazione che le parole hanno una forza che non ci aspettiamo. Ripetere alcune parole nella nostra testa aumenta quindi le forze fisiche e psichiche.
Questo è un mantra.
Alcuni si ripetono “Ce la faccio, ce la faccio, ce la faccio”, altri sono più meditativi e ringraziano per la vita che ci viene regalata in quel momento, altri ancora si ricordano che il traguardo è vicino… Insomma, ognuno ha il suo.
Io non mi sono mai detta nulla di tutto ciò.
Non che non ci creda, anzi.
Sono convinta che le parole abbiano una forza che va ben oltre il significato. La forza della nostra mente è superiore a quella delle nostre gambe e conta allenare le gambe quanto allenare e rassicurare la mente per riuscire ad arrivare all’obiettivo.
Ma.
Ma io un mantra non ce l’ho. Solitamente quando corro mi perdo troppo nei pensieri per avere un mantra. La mia mente vaga libera, solitamente sorrido. Al massimo mi dico che presto sarà finita quella fatica, ma alla fine mi piace anche la fatica.
Giusto ieri ho però risposto ad un commento di una ragazza che mi sottolineava come aspetto motivazionale della corsa il cibo.
E mi è venuto in mente che, se non è troppo blasfemo, un mantra io ce l’ho!
Mi succede quando faccio corse molto lunghe, sopra le due ore. Oppure durante salite in montagna che durano diverse ore o anche la giornata. Quando i muscoli sono completamente svuotati dal glicogeno e io sono stanca e svuotata.
E’ allora, quando molte persone, sfinite dalla fatica, sognano un divano, io inizio con il mio mantra.
Lo stomaco svuotato si fa caverna e inizia a ruggire e il mio cervello si stacca dai pensieri meditativi a proposito dell’essenza della fatica e torna a qualcosa di più concreto:
“Vitello tonnato, agnolotti al sugo, pomodori ripieni, insalata russa… Vitello tonnato, agnolotti al sugo, pomodori ripieni, insalata russa…”
Eccolo il mantra, un mantra che parla di pranzo domenicale in una casa piemontese. Uno di quei pranzi che non faccio più perché mi manca la famiglia piemontese. Uno di quei pranzi all’ombra del campanile del paese del monferrato, dove gli agnolotti sono i migliori del mondo, uno di quei pranzi di cui sento il profumo.
Uno di quei pranzi che quando li pensi lo stomaco si rilassa e le orecchie sentono il tintinnare delle stoviglie, mentre una nonna ti chiede se “ne vuoi ancora un po’”.
Mentre il mondo pensa a mantra motivazionali, io penso al vitello tonnato.
Questo forse mi deve far riflettere 😉
Ricetta del Vitello Tonnato, by Torino by Gnam
“Ingredienti per 6-8 persone:
1 kg di vitello (girello o scamone)
300 gr di tonno sott’olio
30 gr di acciughe sott’olio
70 gr capperi sott’aceto (se usate quelli sotto sale dissalateli il giorno prima)
1 cucchiaio di farina
1/2 bicchiere di vino bianco
1 bicchiere di latte
1/2 bicchiere di acqua
aromi freschi: salvia-timo-rosmarino-alloro
aromi secchi: pepe-ginepro
una tazzina di aceto
6 uova
1 cipolla
1 spicchio d’aglio
burro & olio qb
niente sale”
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