La Maratona è una storia d’amore: Verona Marathon

La Maratona è una storia d’amore.

Immensa, eterna, incomprensibile, alle volte sbagliata.

Come ogni grandissimo amore, ti ferisce, ti frustra e ti frusta, ti riempie l’anima, ti mette le farfalle nello stomaco – e di questo poi parliamo – ti abbatte, ti fa sentire onnipotente. Ti dà tutto e poi niente.

La Maratona è una storia d’amore.

Impossibile e totale.

La Maratona è la storia d’amore e noi siamo le sue Giuliette.

Verona la location. Perfetta.

Non aspettatevi un principe azzurro, perchè noi, maratonete che si sentono sexy con il pettorale sulla maglia, di scarpette di cristallo non ne portiamo.

Noi, l’amore, quello vero, lo sappiamo riconoscere e non è alto e biondo, non ha un cavallo, ma corre sulle sue gambe. Anche veloce.

Questa è la storia mia e di Elena e dei nostri cuori al balcone.

L’aria di Verona è umida domenica mattina, ma non fa freddo.

Siamo così diverse io e lei, che siamo riuscite a scegliere sistemazioni diverse: lei, con Gina e Andrea che ci accompagnano, un bell’hotel in centro, io in bnb da Roberta (dove tornerò sicuramente), meno chic, ma così tanto accogliente, dietro la partenza.

Alle sei ci mandiamo già foto della collazione via WhatsApp, la versione moderna del balcone di Giulietta.

Alle otto siamo pronte.

Partiamo a pochi metri di distanza. Io prediligo la corsa solitaria, lei è scortata da Andrea, che credo corra per la sua Giulietta (Gina) e perchè ha la responsabilità di accompagnare Elena – temo preferisse fare il turista.

Io corro sola e penso a lei, probabilmente leggermente dietro.

Mi sento bene, mi sento leggera. Non penso a molto altro. Ho la certezza che questo sia un amore contraccambiato, il mio con la Maratona.

Vivo i primi dieci chilometri come una vacanza, come i primi appuntamenti, quando non pensi ancosa che sia troppo serio. Quando ti diverti e basta, senza chiederti di più.

Sono felice e spensierata, ringrazio ad ogni passo per la possibilità di esserci. Mi sento felice, mi diverto.

In ogni storia c’amore vero, però, dopo l’avvicinamento divertente dell’inizio, poco dopo ci si ritrova a sognare un lieto fine. Succede a tutti noi. Appena ci rendiamo conto che non si tratta di un bighellonare tra sentimenti e risate, dobbiamo mettere un nome a ciò che proviamo.

E ci tocca, lo dobbiamo riconoscere. Forse allora è amore vero.

Il ventesimo chilometro è così: dobbiamo tirare una linea. Il ventesimo chilometro di una maratona è come quando andiamo dagli amici e, senza troppo farci sentire, dichiariamo di aver “deciso di fare sul serio”.

Che poi cosa vuol dire? Certo che sto facendo sul serio, sono venti chilometri!

Alcuni dicono che dopo un anno non possiamo più mentire a noi stessi, quella non è solo “una storia”, ma è amore punto. Al ventesimo chilometro, che passo a 1h 32 contro l’1h34 che mi ero fissata, mi sento sicura, sto facendo sul serio.

E l’amore scoppia, nel cuore, nelle gambe. Volo.

E quando volo mi sento salutare da quell’amica che non ti aspetti, quella che sai che diventerà il testimone della tua storia d’amore. Quella che ti sentirà piangere, ma non ti abbandonerà.

Sul ciglio della strada vedo Francesca, venuta da Bologna per me, per festeggiare questo mio giorno, questa mi storia d’amore. Venuta a sorpresa, come solo una di famiglia può fare.

Mi commuovo e la felicità esplode.

Sto bene e corro bene. L’amore divampa, sereno come un bel fiume dopo la pioggia, gonfio.

Fino al 28esimo chilometro. La prima prova.

Si dice che al 28esimo arrivi la vera crisi, come si dice che una coppia inizia a vacillare al terzo anno.

E io la sento tutta, questa dannata crisi. Un invisibile interruttore spegne la luce.

Buio.

Sono vuota, provo a mandare giù una gelatina, ma sono vuota e invece di riempirmi mi chiude. Un vaso vuoto e sigillato.

Un pianto nasce dentro, un singhiozzo sordo.

Parte dal fegato, che inizia a contrarsi compulsivamente.

Il dolore è insopportabile quanto un tradimento.

Poi provo a calmare l’invisibile pianto che mi pervade: rallento il respiro e rilasso l’addome.Cerco in fondo a me il coraggio di non arrendermi. So riconoscere l’amore vero e questo lo è.

Siamo purtroppo abituati a mollare il colpo alla prima difficoltà, in amore. Ci arrendiamo cercando di portare a casa il risultato perfetto senza troppo faticare.

Ma non tutti gli amori sono uguali e questo è troppo perfetto per rinunciare, anche se il mondo non capirebbe come puoi amare così tanto quando soffri così tanto.

Respiro e al giro di boa del 31esimo chilometro va u po’ meglio.

Incrocio La mia Giulietta-Elena, che corre bene, scortata da Andrea che custodisce gelosamente la storia d’amore di Elena e la sua Maratona, angelo protettore, fratello maggiore e amico disinteressato, Andrea.

So che anche Elena sta vivendo come me la sua storia, so che sta parlando al suo Romeo dal suo balcone; due specchi che riflettono la stessa passione.

La Maratona è una storia d’amore.

Ma al 33esimo il dolore ritorna e mi sfinisce. I crampi allo stomaco diventano insopportabili e mi tolgono la ragione. Mi viene un pensiero, che viene a tutti gli amanti: e se mi sbagliassi? Se non fosse amore vero? Se mi stesse tradendo ancora?

Il 35esimo chilometro, come un diavolo tentatore, prova ad alimentare questi sospetti terribili con una salita che pare finta. 200 metri impervi, un muro che mi fa perdere almeno 25 secondi insieme con la ragione.

Piango dentro, mi dò dell’illusa. Vedi che l’amore è una grande presa in giro? Quando hai bisogno davvero, ti abbandona. Ti fa salire salite inopportune, ti sfida e ti frega. Non serve la leggera discesa fino al 37esimo per confortarmi. Ho perso almeno 40 secondi di troppo.

Ho perso.

Poi la testa si ricollega al cuore. Perso? Io?

Lo stomaco urla, non riesco quasi a respirare.

Ho scommesso tutto su questo amore di 42 chilometri e solo dopo 42 chilometri potrò dire se ne è valsa la pena e ne mancano ancora 4.

Provo ad andare.

Me ne frego, la testa è dura e so che è amore puro.

Arrivo al 42esimo chilometro distrutta.

E la risposta è lì.

3 ore 19 minuti 10 secondi

Amore mio, sii molto fiero di me perchè non ho mai smesso di credere in noi.

La Maratona è una storia d’amore.

Basta non smettere di credere nel “noi”.

 

RunningCharlotte
RunningCharlotte
Perché la corsa è uno stile di vita e ad ogni passo ci fa crescere un po’ e perché non bisogna essere campioni per correre, basta mettere un passo dietro l’altro. Keep in running.
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Showing 4 comments
  • Alberto
    Rispondi

    Complimenti, davvero. Io non ho mai partecipato ad una maratona, ma lo farò spero presto. Per il momento solo mezze maratone, col sorriso..

  • Anna squicciarini
    Rispondi

    Bravissima, lo sapevo! La mia e’ ad aprile – sono gia’ agitata! Sei un’ispirazione. Io il tuo amore lo conosco, lo percepisco e spero di essere in grado di farcela.

  • Claudio Morra
    Rispondi

    E siccome la maratona è una bella storia d’amore,come questa da te raccontata,non la si deve mai ridimensionare ad un semplice riscontro cronometrico!

    • admin
      Rispondi

      Ritengo che il riscontro cronometrico non sia mai semplice. Dentro c’è sempre tutta una complessità di lavoro e speranze e limiti superati. Solo, ognuno ha il suo, che sia 2h30 o 5 ore.

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