Metti un giorno di correre a Parigi – #NeverStopParis
PARIGI, novembre.
Parigi è una delle poche città al mondo che è bella sempre, adorabile sempre. Forse solo ad agosto il caldo diventa soffocante, ma giardini ombrosi e Senna regalano frescure inaspettate.
Siamo in autunno pieno, la Pianura Padana si destreggia (male) tra nebbia e smog che secca l’aria. Parigi è splendente.
Credo che insieme ai Grands Boulevards Haussmann abbia trovato il modo di creare uno scintillio costante sulle superfici parigine. A Parigi i pavé risplendono, che siano bagnati di pioggia o accarezzati dal sole, le vetrate – o anche i vetri camera degli uffici – riflettono cielo e arcobaleni dicroici. Le facciate dei palazzi, dove l’arte decorativa trova la grazia massima, riflettono di bianco, crema, grigio e rosa.
Parigi è caleidoscopica.
E in autunno, con la luce tagliente del pomeriggio, diventa… diventa… come dirlo in italiano? In francese sarebbe épanouissante, che se vai a vedere la traduzione diventa un banale “appagante”. Invece in épanouissante c’è tutto: c’è il suono della bocca aperta, dello stupore che regala emozione, quell’emozione che ti riempie tutta di gioia e non sai neanche perchè. Epanouie si dice di una ragazza sbocciata, di una rosa, di un qualcosa di bellissimo che quando sboccia genera meraviglia.
Niente, in italiano non esiste.
Parigi è épanouissante.
Sono qui per il training di The North Face, #ITrainFree, che fa parte dello stesso circuito di #NeverStopMilano e #NeverStopBolzano e #NeverStopTorino e #NeverStopLondon. Sono allenamenti gratuiti aperti al pubblico che hanno lo scopo di far vivere gli spazi urbani sudando, correndo e faticando.
#NeverStopParis
Sono arrivata con il TGV delle 13.30. Attendo il mio taxi in stazione un’ora. Mi chiedo sempre a cosa servano i taxi in città in cui la Metro, lemetrò, ti portano ovunque.
Iniziamo allenamento alle 16 e non ho avuto nemmeno il tempo per sedermi in un bistrò a godermi Saint Sulpice.
Mi rammarico, ma appena iniziamo a correre verso i Jardin De Luxembourg l’umore cambia. Parigi si apre, apre i suoi segreti, le sue piccole piazze nascoste, i suoi palazzi enormi.
Uno dei dettagli che amo maggiormente sono gli infissi.
Gli infissi di Parigi.
Le case hanno finestre di dimensioni e forme articolate. I vetri, non riuscendo a star dietro a tali grandezze e stranezze, vengono ridotti a tessere e tenuti da infissi reticolari, magnifici, aggraziati. Quando l’altezza è accessibile al soffio del vetro antico diventano enormi e cangianti.
E poi abbaini spuntano in libertà tra comignoli disordinati seguendo una geografia spontanea. Bowindow si aprono su saloni invidiabili. Chiese e cattedrali.
E dehors, mille dehors con i tavoli in prima, seconda e terza fila.
Una cascata di decorazioni che culminano al Louvre.
Correre tra Louvre e le Tuileries.
Qui cadiamo nel banale, o meglio nell’immancabile. Non si può andare a Parigi senza correre ai fianchi della piramide del Louvres e passare sotto l’arco per arrivare a Les Tuileries e scendere lungo la Senna.
Non si può. Vale il biglietto del treno, vale ogni puntata di Lady Oscar, vale qualsiasi commento sulla scontatezza del percorso, che se è scontato è comunque il passaggio più bello della città.
Noi corriamo e, in un senso tra blasfemia e irrisoria voglia di faticare, ci fermiamo anche a fare step up proprio qui e tricipiti e flessioni e affondi.
Perchè #ITrainFree è così: nasce libero, libero da schemi e da barriere.
Rosé come il cuore.
Rientriamo sul lungo Senna che oggi è un parco per runners che poche altre città possono vantare.
La serata si sta scurendo.
Penso al rientro, senza, questa volta, scordarmi del mio rosé nel Bistro davanti a Saint Sulpice.
Rosa e iridescente vino che profuma di tramonto.
Edith Piaf canta nel mio cuore.