Soffrire di Montagnite. La Legge di Heidi.
Arriva questo periodo dell’anno, quello in cui le gare finiscono, le luci di Natale si accendono…
“si accendonooo e brillanooo, gli al-beri diii Nataaaaaaleeeee…” La filastrocca cantilenante dei saggi delle scuole elementari torna in mente come una melassa calda tra i ricordi.
Per tanti dicembre è “un mese un po’ così”, che poi “un po’ così” mi chiedo sempre “ma così come?”
Un po’ così.
Per me è letale, non è “un po’ così”. E’ un po’ così-letale-che-spero-che-arrivi-l’epifania. L’epifania che tutte le feste si porta via… E ci regala le nuove gare di primavera con tutti i sogni di non vittoria che si susseguono.
Quello che penso è che spero arrivi presto il momento per allenarsi per la prossima Maratona. Sono ancora indecisa sul da farsi, forse Milano, forse Roma. Milano (che non amo) potrebbe togliermi qualche minuto dal personale, per regalarmi l’illusione di essere migliore (da centesima a novantanovesima il passo è più corto della gamba…). Roma, perchè Roma è un viaggio incredibile.
Ma perchè no, forse una maratona al nord (Europa)…
Intanto il sole cala e sono solo le 16.
In quel limbo tipicamente autunnale di buio, tra il calar del sole e lo sfavillare delle luci del parco (che non sfavillano per niente). Un limbo di aria piatta, fredda, ferma. Una luce senza profondità alcuna, grigia e polverosa. Una noia mortale, macchiata da voglia di tè caldo e biscotti al burro che-la-dieta-non-prevede.
Ma cosa faccio questo dicembre?
Un senso di non direzione: non gare (che recuperare è obbligatorio e poi c’è il mitico “principio di supercompensazione” che non è che puoi proprio fregartene), non vacanze che bisogna lavorare, non nuovi progetti (ce ne sono tanti, ma non si possono ancora raccontare).
Esco, salgo in collina per una corsa prima del buio e vedo, laggiù, quei monti ammantati di neve.
Un’idea salta tra i gangli del mio cervello e illumina tutto, una luce dritta nel cuore, una luce che punge gli angoli degli occhi:
Torno a casa
Come un vento di polvere di stelle, come se la Trilly di Peter Pan mi si fosse posata su di una spalla, come una nevicata improvvisa e un profumo di mughetto, la forza del ritorno mi invade. Torno a casa.
Sento, nitido, il vento dell’ovest che mi porta il profumo della neve, il colore del sole che tramonta. Il passo si fa ampio a cercare l’orizzonte frastagliato delle becche che stento a riconoscere con questa prospettiva. In fondo, il Monte Rosa, con il suo letto di spuma di ghiaccio, mi chiama. Come un piumino caldo, come una cuccia, come una casa.
Torno a casa.
Ed è subito Natale.
Non si può far altro che riposare, continuare a correre più tranquillamente, e aspettare l’anno nuovo per riprendere gli allenamenti e le gare che vorremo fare. Anche io guardo già alla prossima maratona, e per ora Roma la tengo nel cassetto, Milano me l’hanno sconsigliata, ho letto regolamento e alcuni pareri sulla Piave Marathon, sono fortemente tentato. 🙂