Nike Joyride, la recensione della scarpa da recupero.
Il RECUPERO, questo sconosciuto.
Noi podisti (adoro definirmi “podista”) siamo molto spesso degli imbecilli, lo dico con molto affetto, ma è vero.
Per noi esiste il momento dell’allenamento e il momento del non allenamento. Insomma, ripetute, lungo, fartlek o niente.
Mi spiego meglio, prima che qualcuno si offenda: tutti noi, o quasi, seguiamo una tabella di allenamento sulla quale sono segnati i “lavori” da fare, giorno per giorno. Martedì ripetute, giovedì progressivo, venerdì fondo lento e domenica lungo qualificato. Sempre così, ogni settimana così, fino alla gara.
Quello che manca, però, nelle tabelle e spesso nelle nostre menti è cosa fare gli altri giorni, per cui, 90 su 100, li interpretiamo come “giorni di riposo” in cui non si corre. Magari si va in bici, o magari si resta semplicemente sul divano.
Invece sono qui a spiegarvi la teoria del recupero e come Nike ha inserito questi giorni fondamentali all’interno della sua piattaforma di calzature da running.
Lo scarico attivo, il migliore alleato dell’allenamento
La nuova Nike Joyride, in vendita da qualche giorno in Italia, è una scarpa studiata appositamente per far lavorare il corpo di un podista nei giorni di scarico.
Ma cosa è lo scarico?
La corsa di scarico, o corsa rigenerante, è una corsa breve e lenta da effettuare nel giorno successivo ad un allenamento impegnativo. Per “Breve” e “lenta” intendo dire molto breve e molto lenta. I muscoli non devono quasi ingaggiarsi e la durata può variare dai 30 minuti ai 50 minuti al massimo, con frequenza cardiaca al limite – basso- della frequenza aerobica. E’ stato infatti dimostrato che una corsa a bassissima prestazione riesce a riossigenare i muscoli facilitando l’eliminazione delle scorie (DOMS) prodotte da un allenamento intenso.
Io ad esempio corro lo scarico tra i 5’30” e i 6′ al chilometro, per 6/8 km al massimo.
Nike Joyride Run
Quando, nel tempio Nike di Piazza Gae Aulenti a Milano, ci presentano la nuova Nike Joyride, le premesse sono quelle di aver creato la scarpa per le corse di scarico.
Essendo che reputo lo scarico fondamentale nell’allenamento (i famosi giorni che la tabella non cita), sono molto emozionata di partecipare a questa presentazione.
Precede la prova della scarpa un focus sul recupero al quale partecipano alcuni esperti, moderati da Rosario Palazzolo du Runner’s World.
Sul palco Huber Rossi, allenatore, e Sergio Migliorini, medico sportivo, entrambe persone che stimo molto come professionisti, parlano del valore del recupero nell’allenamento. Sono argomenti che a sentirli si pensa “so già tutto”, ma che se pensiamo bene pratichiamo poco. Si parla di sonno (almeno 8 ore, ma anche di più), di riposo, di corse rigeneranti, di indumenti a compressione e di massaggi, di stretching e di alimentazione.
Quando finalmente ci mostrano la scarpa comprendo meglio il perchè di questa intro.
La nuova Nike Joyride Run ha una intersuola veramente fuori dal comune.
Una serie di cuscini – sono veramente dei cuscini – ripieni di palline riempie l’intersuola in morbida schiuma.
L’obiettivo è quello di creare una scarpa che assorba il 70% degli urti della corsa scaricando completamente le articolazioni.
Non resta che testarle.
Premetto che le ho testate per più di 100km in tutte le mie corse di scarico da un mese a questa parte.
Guardiamole.
La Nike Joyride è una scarpa allegra e dalle forme “pacioccosa”. A vederla sembra un giocattolo.
La tomaia in flyknit bianco è leggera e asciutta sul piede. La conchiglia posteriore, molto flessibile, presenta un’imbottitura sul tallone voluminosa e soffice. La tomaia mostra un calzino interno elastico che avvolge il piede come un guanto.
L’intersuola in schiuma soffice azzurra lascia trasparire i cuscini ripieni di microsfere.
Mi lascia perplessa l’intaglio sotto l’arco plantare, che crea una cavità flessibile che non offre alcun sostegno alla rullata.
Il peso è veramente ridotto.
Infiliamole.
Una volta infilate la tomaia aderisce perfettamente al piede, come una calza elastica (consiglio se volete acquistarle di prendere mezzo numero in più rispetto al vostro solito) e la suola diventa un tutt’uno con la pianta del piede.
Sotto la pianta i cuscini sono facilmente percepibili. L’idea è quella di avere dei cuscini in memory foam sotto ai piedi.
La leggerezza è straordinaria.
La suola è molto flessibile, per niente reattiva, ma d’altronde deve essere una scarpa da ritmi lenti e leggeri, quindi è un bene sia così morbida.
In generale ai piedi sembra di avere una calza con attaccata una suola in piumino.
Corriamoci.
La prima sensazione correndoci è destabilizzante. Mai nessuna scarpa mi aveva dato questa sensazione.
I cuscini sotto la pianta del piede sono estremamente morbidi e da una parte massaggiano il piede, dall’altra assorbono ogni impatto senza restituire energia negativa.
La suola flessibile fa lavorare i muscoli plantari delicatamente, come a piedi scalzi, ma eliminando ogni urto.
Non riesco a mantenere un ritmo alto, la corsa si fa quasi scanzonata, come una danza. I piede è libero di muoversi in ogni direzione, sia in flessione sia in torsione.
L’effetto è molto rilassante.
Quello che si percepisce chiaramente è che dopo ogni corsa il corpo è più rilassato, le tensioni ridotte, la stanchezza sciolta.
Il risultato è un po’ quello di un bell’idromassaggio defaticante.
Attenzione solo per chi ha una pronazione evidente, perchè la scarpa non presenta nessun sostegno, nè mediale, nè nella tomaia.
In una parola: uniche nel loro genere.
Sconsigliate per corse lunghe.