Nike Zoom Fly 3, la recensione delle scarpe della mia Chicago Marathon
Ho ragionato moltissimo su quale scarpa usare per correre la mia Chicago Marathon e, alla fine, ho scelto la nuova Nike Zoom Fly 3, più sulla carta che per averla provata, visto che mi è arrivata soli dieci giorni prima della data X.
L’ho scelta, abbastanza certa della cosa, per due motivi sostanziali:
- stavo correndo tutte le gare con la Nike Zoom Fly primo modello e la trovavo eccezionale
- la promessa di questa scarpa era eccellente e le opinione lette la rendevano la scarpa ideale /in primis la recensione del mio friend Massi Milani su The Running Pitt)
Per scansare qualsiasi dubbio dalla mia mente – si sa che in maratona bisogna essere tranquilli – le ho testate su un corto veloce, un lento e negli ultimi lavoretti di ripetute.
Il feeling immediato è stato buono e non ho potuto che onorare il partner tecnico di questa grande maratona scegliendo questa scarpa, ammetto, eccezionale.
Ma passiamo alla recensione della Nike Zoom Fly 3.
Guardiamola.
Quando apro la scatola, emozionata, scopro un paio di miracolose astronavi bianco perlescente ad aspettarmi.
La scarpa è bellissima, candida, dalla geometria futuribile e leggera.
A dire la verità suppongo pesi qualcosa in più rispetto alla Zoom Fly 1, ma resta una scarpa sotto i 300 grammi, malgrado l’intersuola spaziale e sovradimensionata.
Rispetto al modello precedente le altezze sono decisamente più importanti. Drop 8 mm, con tallone 40mm e avampiede 32 mm (rispetto al drop 10mm 33-23mm della versione 1).
La forma dell’intersuola, sancrata e filante come la Vaporfly 4%, la rende aerodinamica e facilmente riconoscibile, direi iconica (motivo per il quale in negozio si vende bene anche come scarpa moda, oserei dire “purtroppo”).
La tomaia in Vaporweave, tecnologia presa in prestito dalla Vaporfly 4%, è sottilissima, sembra quasi in carta di riso. Dovrebbe essere utile in caso di pioggia a non inzupparsi rimanendo così aderente al piede.
L’allacciatura ha linguetta integrata e lacci lunghi e sottili.
La conchiglia posteriore, che si alza sul tallone, è flessibile, preformata e molto poco imbottita.
La scarpa è a dir poco magnifica.
Indossiamola.
La indosso, estremamente curiosa. L’ho presa mezzo numero più grande del mio, memore di come gonfia il piede in maratona e dell’aderenza della Zoom Fly precedente.
Il piede fatica a passare nel colletto chiuso, ma una volta dentro la scarpa risulta leggermente troppo larga.
In punta un dito di spazio buono mi firma una assicurazione sulle unghie degli alluci, ma la mia perplessità è sulla larghezza della tomaia, che non serra per nulla il piede e, soprattutto, sulla larghezza del colletto sulla caviglia, che lascia la caviglia liberissima.
Ad aumentare questa estrema – forse esagerata – libertà del piede, la conchiglia tallonare, che avvolge il tallone senza comprimerlo.
Come potete capire, immediatamente mi sono preoccupata.
Io amo molto le geometrie Nike perchè sono il più delle volte fascianti, soprattutto a livello del collo del piede, senza essere mai rigide grazie ai materiali sempre iper-flessibili.
Rimango quindi destabilizzata. Stringo bene i lacci, usando anche l’ultima asola per stringere il colletto.
Per quanto riguarda l’intersuola, mi sento sui tacchi, ma sono tacchi di gomma. La morbidezza è sensibile, il comfort totale.
Sono così comode ai piedi che le indosso anche in negozio, prima di correrci. Per provare a comprenderle meglio 😉
Corriamoci.
Ecco la prova del nove. Dopo aver preso confidenza con la scarpa, una mattina di ripetute brevi le indosso e ci corro.
Durante il riscaldamento mi sento sulle nuvole. Sono morbide, a dir poco. Morbide, ma mai molli. Non so se la differenza è chiara. Una scarpa molle è una scarpa in cui il piede affonda nell’intersuola, o meglio, prima nella soletta e poi nell’intersuola. Una scarpa morbida è una scarpa in cui il piede appoggia su una superficie morbida, ma che lo sostiene.
In questo caso la piastra in carbonio la rende solida e rigida, ma il contatto con il terreno è incredibilmente morbido.
Quando provo a spingere la reattività è decisamente sensibile.
So, però, che siete curiosi di sapere come vanno in 42 chilometri. Ho indossato un calzino spesso e alto sul malleolo per timore di incorrere in poca stabilità del piede nella scarpa e in sfregamenti non graditi, ma la sensazione di larghezza eccessiva si vanifica nel momento della corsa. La scarpa lascia la caviglia libera di muoversi e il piede di lavorare.
Dopo i primi 21 chilometri non sento nemmeno più la scarpa, che continua il suo lavoro di sostegno e spinta. Al trentesimo le gambe, ancora reattive, lavorano bene.
Al traguardo i piedi sono perfetti. Leggermente affaticato il sinistro, come mio solito (la piastra in carbonio aiuta la spinta, ma dove il piede è più debole può risultare più faticosa). Nessuno sfregamento, unghie ancora al loro posto e nessun dolore.
Il chrono, ottimo viste le mie aspettative, suggella la buona riuscita di questo esperimento di test scarpe nell’occasione più importante della stagione.
Consigliate a:
Runner neutri, da medi a veloci, per lunghe distanze e lavori di velocità lunghi. Perfetta in gare dai 21km in sù, divertente per chi desidera provare a spingere maggiormente.
Sconsigliate a:
Pronatori e podisti lenti e pesanti. La scarpa assicura ammortizzazione, ma richiede una dinamica di corsa buona e, soprattutto, un utilizzo del piede da buono a ottimo.