“Io non sono fatto per correre”, la grande bugia della modernità.
Correre è naturale?
Alle volte mi sorprendo a pensare ad un mondo fatto di due tipi di persone: chi sa fare fatica e chi scappa dalla fatica. O meglio, nei miei pensieri più diretti c’è chi fa sport e chi non fa sport, ma in fondo poi applico questo pensiero a tutti gli ambiti della vita. E vi dirò di più, lo restringo anche al solo gruppo di chi fa sport: c’è chi fa sport fuggendo dalla fatica e chi fa sport usando la fatica come mezzo.
Leggi il mio articolo sul valore della fatica
Correre non è un sacrificio.
La storia è sempre uguale: nel momento in cui dico che sono 15 anni che corro ogni volta che il mio corpo me lo permette (quindi in periodi di allenamento anche tutti i giorni) i commenti sono gli stessi. “Che brava! Come fai? Che costanza!” come se fosse , il mio, un sacrificio enorme.
Frasi buttate lì senza troppa convinzione, seguite dalla classica giustificazione mai valida del “mi piacerebbe , ma io non sono capace di correre, non ho fiato” o di quella ancora meno valida “beata te, io non ho tempo”.
Tralasciamo il “non ho tempo” perchè è evidente che non sia una motivazione realistica. Se andiamo sul pannello di utilizzo del nostro smartphone e guardiamo quanto tempo passiamo nella sezione “social network” l’evidenza è lampante: avremmo molto tempo, ma lo usiamo in altro modo.
Veniamo alle prime reazioni: lo stupore verso un’attività fisica regolare che non comporta il semplice gioco, ma una certa fatica è la prima reazione automatica. Si parte dal concetto totalmente ingiustificato del sacrificio: “come fai a sacrificarti con così grande costanza?”. La realtà delle cose è totalmente differente. Per me correre non è mai un sacrificio e non lo è mai stato e così è per la maggior parte dei podisti che conosco. Correre è il momento bello della giornata. Aspettare l’ora giusta per mollare il telefono a casa e uscire con il solo pensiero di mettere un piede davanti all’altro è il mio (nostro) modo per prendermi cura di me.
Fare attività fisica, soprattutto se così semplice, con regolarità è una cosa assolutamente normale, esattamente come nutrirsi, respirare, socializzare. Non posso dire che tutti gli allenamenti siano piacevoli quanto una bella cena, ma di certo un bel lungo domenicale con qualche amico selezionato mi dà lo stesso appagamento di una pizza in compagnia.
Una storia di molte migliaia di anni: correre nell’evoluzione.
Purtroppo noi occidentali, soprattutto noi Italiani, abbiamo una scarsa cultura dello sport e dell’attività motoria. Finché si parla di calcio si resta nella dimensione del gioco, ma quando si sfora verso sport individuali e di endurance (o di semplice attività motoria di base) il livello di incomprensione sale.
Quello che non si sa o non si vuole sapere è che l’essere umano è progettato per camminare e soprattutto per correre.
Poco importa che oggi, inibiti da generazioni di pigrizia e comodità, pensiamo di non esserne capaci, ma la specie umana è la sola veramente progettata per correre a lungo.
Nessun animale, per veloce che sia, può battere l’uomo nella corsa di resistenza e questo è così proprio per una questione genetica che risale a centinaia di migliaia di anni fa.
Siamo il solo animale eretto su due zampe, la cui colonna vertebrale è progettata per stare dritta. Il nostro piede è una macchina perfetta per la propulsione. La nostra struttura muscolare è costruita per resistere alla fatica per lunghi periodi e i nostri polmoni per introdurre aria dalle narici in quantità sufficiente. Il nostro sistema di termoregolazione (il sudore) è il migliore “sul mercato”.
Non ci credete? provate a rincorrere un cane. Probabilmente lui sarà più veloce, ma sicuramente si stancherà prima e se vi sentite stanchi voi, chiedetevi come fanno certe persone a correre per 100km di fila e voi no. No, non è genetica, è solo mancanza di allenamento (la vostra).
Biologicamente l’uomo è come è perché nella preistoria la caccia veniva fatta inseguendo gli animali. Non con le armi da fuoco, ma con arco, frecce e lance. Gli uomini correvano anche per un giorno intero per cacciare.
L’uomo moderno sa correre?
Il fatto quindi di non essere portati per la corsa, di non avere fiato o di non saper correre, non è sicuramente una caratteristica genetica o innata in alcune persone. Quello che è certo è che alcune persone sono più portate per la corsa veloce di altre: la quantità di fibre bianche e fibre rosse che abbiamo nei nostri muscoli non è modificabile ed è frutto di adattamenti genetici. In generale, però, tutti possono correre alla propria velocità e rispettando le proprie specifiche.
Se non riusciamo a correre o pensiamo che correre sia una fatica inutile o peggio ancora innaturale, siamo molto lontani dalla realtà dei fatti. Quello che nei secoli è cambiato è l’approccio all’attività fisica. Per nostra fortuna per nutrirci non dobbiamo più rincorrere le mandrie, ma ci è sufficiente pagare gli alimenti che troviamo nei negozi. Alimenti che vengono prodotti utilizzando le moderne tecniche di coltivazione, allevamento e raffinazione. Per questo motivo sempre meno persone si muovono fisicamente e sempre più persone eccedono nell’alimentazione, che oggi si trova a buon mercato praticamente ovunque.
Se le popolazione del centro Africa sono così dedite alla corsa di lunga distanza è perchè il loro stile di vita, differentemente dal nostro, prevede ancora lunghi spostamenti a piedi. Da recenti studi emerge che geneticamente tra un maratoneta Keniano e un maratoneta occidentale non ci sono differenze di sorta. Quello che cambia è l’attitudine appresa fin dai primi passi al movimento fisico. Poi ci sono molte componenti sociali e psicologiche che fanno della maratona lo sport nazionale, ma lì meriterebbe un approfondimento.
Leggi qui un articolo che ti spiega perchè non è la genetica che fa la differenza.
Le nuove generazioni.
Per questo ritengo fondamentale il ruolo genitoriale sulle nuove generazioni. I bambini di oggi rischiano di non apprendere gli schemi motori di base a causa della non necessità. Nei campi sportivi si vedono bambini che non solo non sanno correre, ma non sanno nemmeno saltare, lanciare nè tantomeno fare le capriole. L’altra domenica, in centro a Torino, una coppia vestita firmata con grande auto costosa esce per la “passeggiata”. Il padre fa aprire l’auto con il telecomando e il bimbo chiede alla mamma “ma non possiamo andarci camminando?”. La risposta mi ha rattristata: “ma no, in auto è vicinissimo!”.
Ecco, il succo del discorso spiegato da un bambino di quattro anni. L’uomo è fatto per muoversi e fare fatica, ma la nostra amata cultura lo ha reso innaturalmente pigro.
Essere pigri, nello sport come nella vita, ci porta a scegliere la via più veloce, ma è sbagliato pensare che la via più veloce sia necessariamente la migliore.
Se insegniamo ai nostri figli a muoversi e ottenere i propri traguardi utilizzando il corpo nella sua interezza, distogliendoli dall’automatismo “comodo=migliore”, avremo insegnato loro non solo gli schemi motori, ma una delle basi della vita e cioè che ottenere un traguardo qualsiasi mettendosi in gioco può essere il miglior modo di stare bene.