Storie di rinascita: We lOVS Norcia
Il cammino è una delle più belle metafore che si potevano trovare per parlare di rinascita, di vita e di ripresa, una ripresa che a Norcia non è tardata ad arrivare dopo il terremoto del centro Italia del 2016, ma che costa fatica.
Un cammino difficile, come quando dopo una salita che pensi interminabile, finalmente arriva il piano e subito dopo, nascosta da una curva, una seconda salita, più dura della prima.
Questo è il racconto di una marcia, ma al posto che di soli passi, questa marcia è fatta di sentieri sassosi, crepe nei muri e raccolti non recuperabili. We lOVS Norcia.
Ricordo il giorno, anzi la notte, del 24 agosto. Mi sono svegliata come quasi tutte le notti senza prendere sonno dopo, ho guardato il telefono per cercare il torpore nei social network. Twitter parlava di terremoto, di paura, di scosse terribili. Di nuovo l’Appennino, il centro Italia che oscilla. Norcia quella notte trova una salita nel suo cammino, fatto di edifici crollati e attività agricole in pericolo di sopravvivenza, ma si rialza. Sale la salita senza fiatare.
Fino ad ottobre, quando, ritornato il piano si spera nella discesa, ma la salita è ancora peggiore. 30 ottobre e paura. L’epicentro è più vicino e ciò che era stato rimesso in piedi a fatica, ora crolla del tutto.
Ma non voglio parlare di vicende che tutti conoscete, voglio parlare di ciò che è successo oggi, 14 maggio.
We lOVS Norcia è una marcia, non una manifestazione podistica (leggi qui la news), organizzata e voluta grazie a OVS all’interno del progetto OVS Arts of Italy.
Mi alzo la mattina presto e mi guardo intorno. Campi verdi che mi dicono essere lenticchie e ceci tutto intorno. I segni incancellabili, le crepe, le macerie.
Alle 11:00 partiamo sotto ad un caldo fermo e bruciante, per un percorso di 5,8 km (o 7,2 km per i più rapidi).
Alla partenza anche Giovanni Veronesi, testimonial di OVS Arts of Italy, e Antonino Spadaccino (vincitore del programma Amici), insieme con altre 1700 persone (tra le quali io e Roberto Nava che per una volta non gareggiamo, neanche per finta).
Guardiamo e ascoltiamo.
Cammino sentendomi frastornata da una specie di silenzio del sorriso e da un’esplosione emotiva.
Nessuno qui è visibilmente disperato, nessuno urla, ma nemmeno nasconde la tragedia.
Norcia sembra quella signora che cammina un po’ male dopo una storta e dignitosamente ti chiede una mano col sorriso.
E’ un’impressione strana, la mia. Da una popolazione “terremotata” mi aspettavo sensazioni da terremoto: la disperazione che urla o la voglia acerba di nascondere l’accaduto.
Norcia guarda al passato e chiede solo una mano a risalire questa salita. Non finge che la salita non esista, nè si siede a bordo strada sconsolata.
Ascolto storie di passaggio tra chi cammina a fianco, storie che si chiamano mutui da pagare e affitti: il mutuo è quello della casa distrutta, l’affitto quello dell’appartamento preso perchè la casa distrutta si può solo pagare e non abitare.
Ascolto coltivatori che chiedono di assaggiare i loro legumi che mostrano con orgoglio, albergatori che parlano con amore della loro struttura, guide turistiche che descrivono il territorio con il tono di chi non può farne a meno.
Nessuno da qui se ne è andato, se non costretto. Qui sono rimasti, attaccati alla loro vita da “provinciali di provincia”, perchè a Norcia non è semplice arrivare, ma pare sia ancora più difficile partire.
Terminiamo senza fretta, con un sorriso composto, mangiando il piatto dei veri re: panino con prosciutto norcino e pecorino umbro.
Mi chiedo cosa farei io se fossi in questa condizione. Correrei di sicuro, ma attorno alle mie radici come un cane da pastore, con un occhio attento, senza scappare mai.
Quello che vi chiedo è, se vorrete, se potrete, se ne avrete il tempo, di venire un giorno, un week end, una settimana in questi territori.
Per un trekking sui Monti Sibillini, in bici sulla vecchia ferrovia Spoleto-Norcia o camminando tra queste terre.
Norcia in qualche modo vi aspetterà.