Parlando di triathlon: intervista a Ivan Risti
Il triathlon.
Che sport.
Che emozione.
Sono andata a fare da spettatrice allo sprint di Andora e ho immediatamente desiderato partecipare.
Perché noi podisti “di una certa” ci capita QUEL giorno che andiamo a vedere un triathlon e iniziamo a nuotare e a girare in bici?
E’ successo anche a me.
Desidero partecipare ad un triathlon.
Con questo spirito ho intervistato Ivan Risti, con negli occhi (bassi) avevo l’entusiasmo della neofita.
Lui, il campione. Io, quella che più di 3.000 metri di nuoto non li ha mai fatti e che ha pedalato faticosamente per 100km domenica scorsa.
Ivan Risti, del campione ha la fama e il carattere. Ci sediamo su un divanetto in quel terrazzo milanese dove mi hanno invitata. Io sono arrivata dopo due ore di traffico, sono distrutta dalla giornata e mi siedo accasciandomi.
Lui ha fretta di tornare da Elena (Casiraghi, sua moglie) e la sua piccola Bianca, io devo moderare l’entusiasmo e nascondere la stanchezza.
Ivan, mi racconti qualcosa di te?
(mi guarda spaesato, vista la domanda ampia…)
…ehm, sì, sono un triatleta, ma ho iniziato nuotando. Nuotavo abbastanza forte, prima su distanze più brevi, poi mi sono specializzato nel nuoto olimpico di fondo, con qualche buon risultato, senza, però, mai sfondare.
Mi allenavo tanto e fino al 2000 ho solo nuotato. Mi allenavo con dei ragazzi che facevano anche triathlon e, viste le mie doti nel fondo, spesso mi dicevano – e mi dicevo: “Devi fare un Ironman, Ivan, prima di morire…”
(mentre mi racconta questo, mi sembra di parlare con un mezzofondista che prova la maratona e ottiene dei risultati migliori che nel mezzofondo. Ironman, maratona… Sono quelle distanze che hanno qualcosa di veramente epico)
E così ho partecipato alla mia prima gara di triathlon, un olimpico. Non ho più smesso, ho vinto diversi titoli, nelle distanze più corte e poi nell’Ironman, che ora è la mia specialità, con l’età che avanza (…)
Dovessi dare un consiglio a noi podisti che vorremmo provare una gara di triathlon?
Dovete staccarvi dal concetto di tempo.
Mi capita spesso che alla fine di una gara mi chiedano “Quanto hai messo, Ivan?”
Io non lo so quasi mai. Non ho il concetto di tempo assoluto e quando parto non ho un target cronometrico vero e proprio, o comunque ogni gara è diversa dall’altra, per cui non esiste un tempo.
Penso solo ad arrivare prima di questo o quell’atleta. Mi interessa non farmi battere e arrivare prima di altri. Il tempo è un concetto molto relativo in questa disciplina.
Voi siete abituati alla strada. In strada tutto è misurabile. Anche io ho corso delle maratone fuori dall’Ironman e capisco bene quanto ci sia di matematica. Ci si allena per QUEL risultato e si cerca di tenere un ritmo prestabilito.
Ma, come dice il mio amico Daniel Fontana, “Se la maratona è un viaggio, l’Ironman è un pellegrinaggio “.
Qual è, secondo te, il maggior difetto di noi podisti nel triathlon?
Voi pensate sempre che “finalmente arriva la corsa”. Ad un Ironman parlavo con un maratoneta dai risultati discreti che mi diceva “nuoterò e pedalerò, ma poi mi riprenderò con la corsa. Sono bravo a correre”.
Ha camminato per 40km.
Correre dopo nuoto e bici è una cosa completamente diversa dal correre e basta. Il mio consiglio è quello di essere molto umili.
Il triathlon è uno sport dalla grande complessità e va affrontato a occhi bassi e spirito umile.
Iniziate a finire la prima gara. La prima gara serve per capire la disciplina. Dopo si può pensare a gareggiare, alla preparazione.
Bisogna prima capire il triathlon e poi interpretarlo.
Iniziate da distanze corte e provate.
Fantastico, allora, ti prego, se puoi, consigliaci delle gare!
Iniziate con lo sprint. Io sono molto affezionato al mio lago e vi consiglio il triathlon sprint di Lecco.
Poi, se volete provare un Olimpico, di sicuro Bardolino è stupendo.
Se invece volete buttarvi sull’Ironman, io rimango con il cuore in Italia e vi consiglio l’IronMan Emilia Romagna a Cervia. Sulle diverse distanze ci sono 5000 atleti ed è organizzato benissimo.
Quando è Lecco?
Luglio!
Ok, credo proprio che ci penserò!
Interessante leggere il suo pensiero sul fatto di staccarsi dal concetto del tempo. Credo che dipenda molto dalla gara, dalla distanza in cui si gareggia, da che tipo di partenza si ha e dalla categoria in cui uno gareggia. Dice che lui si concentra sul fatto di voler arrivare prima di un atleta o di un altro. Ma questo non è semplice da realizzare per gli age group (chi gareggia nelle categorie di età e non come professionista).
Non in tutte le gare è possibile sapere la posizione che si ha durante la gara. Ormai molti Ironman 70.3 e Ironman hanno (per gli age group) la partenza chiamata rolling start, questo vuol dire che uno non parte necessariamente con i propri avversari di categoria. In alcune gare si parte tutti insieme e uno non ha nessuna idea di dove siano gli avversari. E anche quando le partenze sono organizzate per gruppi di età è difficilissimo se non impossibile avere il controllo della situazione durante la gara, sapere quanti ne hai davanti e quanti dietro.
Differente è la questione per i PRO, la categoria in cui lui gareggia se ho capito bene. Loro hanno un controllo totale sugli avversari e naturalmente il tempo finale non è importante, lì si tratta di arrivare se possibile prima di tutti e lo sai nel momento esatto in cui tagli il traguardo :-). Per le categorie di età nelle gare con tanti partecipanti, come gli Ironman per esempio, funziona diversamente, quando tagli il traguardo sai il tuo tempo ma non la tua posizione :-).
Io credo invece che porsi un obiettivo di tempo possa essere stimolante sia durante gli allenamenti che in gara. Certo uno deve essere consapevole del tracciato della gara e naturalmente essere umile, come dice lui, e realista ed aggiustare l’obiettivo tempo in base ai percorsi. Ma allenarsi e gareggiare senza un obiettivo tempo mi sembra strano.
Poi nelle gare “locali”, più piccole in numero di partecipanti e dove uno conosce/riconosce gli avversari allora forse si può avere il controllo della situazione anche come age group.
Ciao… Non so il tuo nome, scusa 😉
Ivan parla di sé stesso, ma secondo me dà un grande consiglio e cioè quello di focalizzarsi su di noi. A me ha ricordato molto il Trail. Certamente prima di un Trail ci poniamo un obiettivo, magari cronometrico, ma non è la maratona, i fattori che influenzano il tempo non sono endogeni soltanto, e spesso non controllabili.
Poi tutto ciò che dici tu immagino sia vero, io sono una povera maratoneta e basta (pure scarsina) e mi affido a chi ha esperienza. E diciamo che Ivan ne ha 😉 e sì, gareggia nei pro. Decisamente.
Buon tri!
Ciao
È chiaro che in un’intervista non è semplice racchiudere tutto
E giustamente, come dici tu, per la rolling start degli age group cambia molto la gestione di gara
È chiaro che il tempo conta e puó essere un obiettivo fondamentale
Ma in quella specifica risposta volevo sottolineare le differenze con il running su strada o comunque evidenziare come spesso si è troppo legati al concetto cronometrico e si da meno peso e attenzione ad altri aspetti importanti della gara o degli allenamenti
La tecnologia ci aiuta molto nello sport ma a volte è anche un limite.
Questo è in sintesi estrema quello che dicevo qui. Ma il discorso è chiaramente più ampio