Ricordando Daniele: la corsa da podio di Chiara Giovando
Prima di queste settimane non avevo mai sentito parlare di lei. Sapevo che c’era una piemontese “nuova” che vinceva in montagna, ma nulla di più.
Chiara Giovando in effetti è sempre stata una scialpinista ed io, occupandomi di corsa su strada, non l’avevo nel mio background podistico.
Quando Chiara arriva in piazza a Courmayeur la riconosco subito, in effetti l’avevo appena vista pochi giorni prima sul quarto gradino del podio – quello che non c’è – a Susa a K3.
Capello molto corto e scuro, fisico potente, pochissimo trucco, forse nessuno, e viso da donna normale. Per farla breve, sto incontrando una delle più forti verticaliste italiane e mi pare di incontrare un’amica del liceo.
Chiara è una donna come tante, umile, posata, sorridente. Non è vestita da sponsor chiassosi, ha una canotta rosa anonima e l’aria di chi a Courmayeur è venuto in vacanza. Una figlia per mano, un marito che l’aspetta.
E invece una “stranezza” ce l’ha: ha la POMPA nelle gambe, come dicono i runner di montagna. Cioè ha una forza incredibile e va sù come uno stambecco.
Iniziamo la nostra chiacchierata sedute sul muretto.
Chiara, tu sei una delle “stelle nascenti” in Piemonte e in Italia. Siamo qui per la UYN Courmayeur Mont Blanc, gara che l’anno scorso hai vinto…
(non faccio tempo a finire la domanda)
Ma guarda, io non me lo aspettavo proprio. Io vado, ma non lo faccio per vincere, vedo che ne ho. Pensa che la Repubblica mi ha anche dedicato un articolone che nemmeno fossi chissà che cosa. Io non me lo aspettavo proprio, anzi, tu che sei nell’ambiente, secondo te perchè hanno scelto me come atleta da raccontare? Cercavano un’atleta piemontese. Ce ne sono tante, c’è la Camilla (Magliano), o altre. Chissà perchè proprio io…
Diciamo che la tua storia ha qualcosa di speciale. Tu non sei mai stata una runner, hai sempre praticato un altro sport e da poco ti sei messa a correre in salita e fai dei gran risultati. Mi racconti perchè hai cambiato sport?
La mia è una storia triste, ho cambiato sport a causa di una tragedia. Ho iniziato a correre tre anni fa, a 36 anni, dopo un incidente tremendo sugli sci. Guarda che cicatrici! (mi mostra le sue gambe segnate da molte righe bianche)
Io praticavo lo scialpinismo, ero una grande appassionata, ma non facevo gare. Era il mio piacere personale a farmi salire. Avevo un compagno di escursioni, molto giovane e molto forte, un forte verticalista, Daniele Vottero.
Lui praticava lo scialpinismo per allenarsi alle salite. La sua gara d’elezione era l’Ivrea-Monbarone. Daniele era fortissimo, aveva quello spirito competitivo che a me mancava.
Uscivamo sempre insieme sugli sci. E’ stato lui a dirmi la prima volta che se avessi fatto vertical, probabilmente avrei ottenuto buoni risultati. Cercava di convincermi in tutti i modi a gareggiare.
Poi, l’incidente.
Ti va di raccontarmi cosa è successo?
Stavamo salendo un canalone. Tempo perfetto, neve fantastica, rischio slavine bassissimo. Davanti a noi altri tre ragazzi. Il primo in alto ad un certo punto fa staccare una placca da vento. E’ raro che succeda, ma è successo e lui nemmeno se ne è accorto.
La placca si è staccata e ci ha travolti tutti. Siamo rotolati giù per il canalone per 800 metri. Io mi sono rotta di tutto, ma sono sopravvissuta. nessuna pietra mi ha colpita. Per Daniele e un altro ragazzo non c’è stato scampo, le pietre li hanno colpiti in testa e, malgrado il casco, sono morti sul colpo.
E’ stata fatalità, era veramente difficile succedesse, ma è così è stato.
In montagna velocità significa sicurezza. Più vai veloce e meno ci sono rischi, soprattutto sulla neve. Noi eravamo velocissimi, ma in questo caso non abbiamo potuto fare nulla.
Pensa che con il ragazzo francese che ha dato il LA alla slavina – non è stata mica colpa sua! – c’era anche la sua ragazza, che si è miracolosamente salvata e due mesi dopo ha scoperto di essere incinta. La vita è così. Alle volte bellissima, alle volte meno.
Pensi spesso a Daniele quando corri?
Penso spesso a Daniele spesso, ma quando corro sempre. Quando sono in crisi è a lui che chiedo di supportarmi. Quando vedo che vado bene e vinco, gli dedico la mia vittoria.
Lui voleva tanto che io gareggiassi, ma mentre era in vita non l’ho mai fatto. Ora gli dedico queste vittorie, anche se soffro per il rimpianto che non le possa vedere.
Per un certo periodo sentivo spesso sua mamma. Mi telefonava per sentire Daniele ancora un po’ vicino, mi diceva che io ero la sola che riusciva a “tirarlo fuori” dalla sua timidezza. Daniele era un ragazzo semplice, introverso, posato.
Cambiando discorso, quali sono le tue gare preferite?
Io corro solo in salita. Con l’incidente ho rotto i crociati, i collaterali e i tendini delle caviglie. La discesa mi fa paura, mentre in salita mi sento più sicura.
Due sono le gare che amo di più. Sicuramente lo UYN Courmayeur Mont Blanc K2000, che vinsi l’anno scorso. Un’emozione incredibile vincere in una gara così importante, ma poi è una gara simbolica per me che ho fatto scialpinismo. Arriva direttamente sulla terrazza di Punta Helbronner, teatro di tanti allenamenti sugli sci. (il giorno dopo di questa intervista arriva terza all’edizione 2018)
Poi il Red Bull K3: arrivare in cima al Rocciamelone per noi Piemontesi è pazzesco e la gara bellissima.
Chiara, tu sei una mamma, una moglie, hai un lavoro. Come molte donne devi ritagliarti il tempo per gli allenamenti. Come ti organizzi?
Io sono un’educatrice, ma soprattutto sono una donna e una mamma. Mia figlia ha la priorità, forse per questo vado veloce. Andare veloce ti permette di fare molti chilometri in meno tempo. La mattina per andare in montagna mi sveglio prestissimo e cerco di tornare per pranzo.
Alle gare spesso porto mia figlia, altre volte, se fa troppo freddo o sono molto lunghe la lascio dai nonni. Qualcuno che ha da ridire, però c’è sempre, ma si sa, la gente parla. Se la porto, dicono che sono una madre degenere perchè la porto, se non la porto, che sono egoista a non portarla…
Ma a me non importa, oggi mia figlia è qui con me, infatti.
Nel frattempo arrivano figlia e marito di Chiara. La bambina mi sorride, vuole andare. E Chiara la segue.
Io li guardo e penso che siano proprio una bella famiglia, forse come tante, ma con una bella “pompa” nelle gambe 😉