L’importanza di imparare la solitudine: riflessioni sul Coronavirus
Qualche riflessione su questo periodo, tra Coronavirus, solitudine e corsa.
“Ma se c’è un luogo in cui ancora oggi ricorro per trovare rifugio e possibilità di quiete per pensare a me stesso e alla comunione con gli altri, questo è la mia cella. E’ da lì che osservo il mondo, gli eventi, le persone che me lo rendono familiare e amato; è lì che assumo consapevolezza delle gioie e delle sofferenze che attraversano i miei giorni; ed è lì che prendono forma le parole con cui tento di narrare qualcosa della mia vita e della mia fede nella compagnia degli uomini”
Queste sono parole di Enzo Bianchi, fondatore e priore della comunità monastica di Bose, luogo che vi consiglierei di visitare.
Non sono mie, ovviamente, io non ho una “cella”, ma in questi giorni mi sono tornate alla mente e sto rileggendo il suo libro “Ogni cosa alla sua stagione”. Lo avevo comprato da un reminder sui Naviglio, un giorno in cui mi sentivo particolarmente serena.
In queste parole trovo riassunta l’essenza di questi giorni, come li sto vivendo io.
La solitudine per imparare a vivere la comunità prima, dopo e durante il Coronavirus
Partendo dal presupposto che io non esco, né a correre, né a passeggiare, né per altri motivi se non veramente urgenti (ieri sono andata in farmacia e a prendere dei documenti) e che lo faccio perché mi sento di fare così, senza giudizi, senza divieti, senza alcuna altra forma di colpa o coercizione; io non esco perché sto approfittando di questo periodo ” Coronavirus” per ascoltare me stessa.
Sto cercando il rifugio e la quiete – c’è da dire che io non ho figli e che il mio compagno lavora dal mattino alla sera al computer – che mi permetteranno di raggiungere la comunità con gli altri una volta fuori.
Era da diversi mesi che non avevo la possibilità di isolarmi dal mondo. Forse l’ultima volta che ho avuto questa magica occasione è stato camminando lungo il GR20 per dieci giorni da sola.
LINK: Leggi la mia avventura sul GR20 in Corsica
Da sempre amo la solitudine, amo il vivere tra quattro mura o in un bosco, poco cambia, da sola. La solitudine mi permette di apprendere i miei meccanismi mentali e mi permette di comprendere il rapporto con gli altri e con la vita.
E’ dalla solitudine che ho imparato a vivere nella serenità e a risolvere i problemi. E’ dalla solitudine e dalla calma che ho dato luce ai miei progetti. E ancora, è dalla solitudine che ho saputo rafforzare legami.
Non potrei vivere i rapporti sociali oggi se non fossi stata da sola ieri.
La corsa, ricerca della solitudine
Amo le lunghe distanze perché sono una delle rare occasioni che, per forza di cose, mi permettono di ritrovare quella calma interiori dalla quale nasce la mia forza.
Penso che la mente di un maratoneta o di un runner di lunghe distanze sia abituata a ritrovare questo stato di trance in cui il dialogo con le proprie intime paure riesce a farle dissolvere. Durante i lunghi di allenamento, quasi sempre da sola, ho ritrovato la via giusta per comprendere i rapporti con gli altri.
LINK: L’importanza dell’allenamento lungo
Per questo motivo penso di essere più forte sui 42km che sui 21km o sui 10.000. Io corro la mezza in maratona ad una velocità non troppo dissimile da quella della 21km singola.
Il mio meglio lo do dopo. Dopo l’ora e mezza di corsa esce una parte di me tollerante, comprensiva, forte e sicura di sè. Mentre gli altri intorno iniziano ad accusare problemi io solitamente inizio a stare bene, non fisicamente, ma mentalmente. Arrivo a quello stato di pace interiore che mi ricorda quello dei pomeriggi in solitaria, delle lunghe camminate, della meditazione.
Cosa mi insegna l’isolamento per il Coronavirus
Ho trascorso i primi giorni a rimanere male per le discussioni sui social. Qualcuno mi ha addirittura bloccata ritenendo che invitassi le persone a diventare pigre (!). All’inizio ho nel mio intimo criticato chi continua oggi a correre, ritenendolo incapace di fare ciò che un maratoneta deve saper fare: stare con se stesso.
Poi ho riflettuto sulle motivazioni profonde della corsa. Ho pensato a quanti corrono in questo periodo di paura di contagio Coronavirus e per quale motivo e mi sono resa conto che molti di noi corrono per sfuggire alla loro quotidianità. Un matrimonio infelice, un dolore profondo, un senso di inadeguatezza, un desiderio di evasione. Molti di noi corrono perché a casa o al lavoro non stanno bene e cercano nella corsa la valvola di sfogo.
Togliere loro la corsa oggi sarebbe come far loro affrontare tutti i drammi della vita in un sol colpo.
Capisco e mi spiace, anche io ho iniziato a correre perché non riuscivo più a stare nella mia vita quotidiana. Anche io, 15 anni fa non riuscivo più a stare con me stessa, mentre tutte le certezze mi abbandonavano. Finché le cose non si sono regolate ho corso con quel desiderio di fuga che anima molti. Oggi no, ma un tempo sì e non so se un tempo avrei resistito.
Oggi, proprio grazie alla corsa, la mia mente è salda e trovo conforto e motivazione in questa vita un po’ isolata, che mi permette – finalmente – di fermarmi a riflettere, di nuovo. Desideravo farlo in 42 km il 26 aprile, a Londra. Invece lo faccio qui, pedalando sul balcone e guardando il sole che spunta dalla collina.
Sognando nuovi viaggi e nuove speranze.
Imparare la solitudine per correre meglio
Il mio invito, a tutti noi e voi, è di apprendere, da questo grande dramma Coronavirus ad “amare la cella” come il monaco Bianchi, a considerare questo isolamento un luogo sicuro nel quale rifugiarsi. Ad apprendere dai silenzi la forza interiore, a imparare nuovamente a pregare, senza necessariamente dover pregare un Dio. A sognare e a riposizionare le priorità.
Che questo periodo ci insegni il silenzio e la forza. Ci serviranno al 38esimo chilometro della prossima maratona.
Vi amo tutti e ci sentiamo presto, io intanto continuo a non correre e a esercitare la forza mentale pedalando sul balcone.
Motivazioni fisiologiche per non correre ora
Volevo chiudere con una piccola spiegazione sulle motivazioni fisiche e fisiologiche di fare uno stop dalla corsa, approfittando del periodo Coronavirus.
Il mio non uscire a correre è una scelta personale, dettata dal fatto che ritengo sia preferibile variare il mio allenamento ora. Correre rimane possibile secondo il decreto e non desidero fare nessuna polemica su questo, ma vi spiego i vantaggi.
Ogni atleta dovrebbe dedicare una parte dell’anno (1 o 2 mesi) all’allenamento della componente forza. Questo allenamento non prevede necessariamente la corsa, sicuramente non prevede allenamenti specifici o lunghe distanze, al massimo prevede allenamenti tecnici in salita.
Questo periodo solitamente viene svolto dopo la sessione autunnale e prima di iniziare la preparazione primaverile alle maratone.
In questo periodo si svolgono esercizi indoor specifici di forza, esercizi di tecnica, esercizi di esplosività e potenza, da svolgere su salite o con esercizi indoor, con e senza macchinari.
Io non ho avuto modo di svolgerlo prima della preparazione di Londra per mancanza di tempo.
Le grandi maratone, tra le quali Londra, sono state spostate all’autunno, precisamente la mia sarà il 4 ottobre. Questo significa che la preparazione vera e propria dovrebbe cominciare a maggio/giugno.
Ho esattamente due mesi per dedicarmi alla forza, cosa che si può serenamente fare a casa, nel rispetto dei decreti vigenti.
Non vedo nessun valido motivo per uscire a correre. Se senza la corsa non state bene, uscite. Io ho raggiunto una quiete mentale tale da permettermi di non uscire e stare bene ugualmente.