Foscolo le ha dedicato una delle sue opere più famose, ma forse il buon depressione Ugo ha visto un’altra Zacinto, e, sempre più forse, nemmeno poteva immaginare che la sua poetica visione sarebbe stata infangata da orde di turisti abbronzati, con muscoli luccicanti e unghie siliconate come i seni…

Per fortuna c’è ancora qualche greco isolano in questa bella terra, e quel greco si attacca con le unghie alle sue radici, abita case colorate, pesca, beve polveroso caffè greco, non parla inglese. Per scelta, forse gli ricorda la storia sbagliata, ma sorride.

Il pensiero va alle dominazioni di queste isole, invase, desiderate, depredate, da inglesi, italiani, tedeschi… E il mio secondo pensiero se lo meritano tutti quei soldati italiani che la guerra l’hanno trascorsa colonizzando in modo del tutto italiano e caciarone questi fazzoletti sparsi nel mare. Non fossero arrivati i Nazisti a riportarseli nei campi, chissà quante mogli ancora oggi aspetterebbero il loro ritorno…

Degno di nota, l’unico motivo per cui le spiagge sono veramente interessanti: qui a Zante, o Zacinto che dir si voglia, depongono le loro fragili uova le tartarughe Caretta Caretta, esattamente lì, sulle spiagge turistiche, tra un’unghia finta e un mozzicone di sigaretta.
Pare che la scena di un ragazzo troppo tatuato e della sua ragazza troppo truccata che piantano l’ombrellone su un nido non sia infrequente.

La storia umana ogni tanto si prende delle rivincite di incoerenza veramente esagerate.

Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacque

Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.

Ugo Foscolo