A spasso tra le Grigne: trekking in Valsassina

Visto che la stagione dell’outdoor doveva cominciare, l’ho fatta cominciare come si deve, con il secondo trekking consecutivo dopo l’Altavia dei Monti Liguri.

L’infilata di ponti primaverili di quest’anno ha aiutato e dopo Pasqua e Pasquetta, il 25 aprile era un’occasione ghiotta.

Il “Dove” prevedeva di scegliere un percorso di media montagna vista la stagione, facilmente raggiungibile in treno, viste le previsioni di traffico e la mia poca voglia di guidare. Io, lo ammetto, sono da montagna ALTA, nel senso che se non supero i 2500 mi sembra di essere in collina. La Liguria ha un senso diverso, perchè comunque c’è il mare, quindi anche se fossi altissimo non ti sentiresti in ambiente alpino e poi… che altro percorso ha una vista così?

La scelta era quindi tra due percorsi di cui mi hanno parlato molto bene, entrambi sul lago (di Como e di Lecco): l’Altavia dei Monti Lariani, panoramica e molto ben servita, che collega Como con Sorico e l‘Anello della Valsassina, che percorre le due Grigne, Grignetta e Grignone, come le chiamano qui, sopra Lecco.

In principio mi pareva un’idea niente male partire da sola, ma al primo segnale di interesse della Fra, il pensiero di condividere con lei anche questo trekking era troppo allettante…

Ci sono amici che frequenti per una vita e che rimangono ottimi amici, ma con i quali condividi una piccola parte di vita e altri, come La Fra, che conosci solo da poco, ma con i quali condivideresti un figlio tanto ti trovi bene.

Scelta fatta in fretta guardando i treni e il percorso: partendo di domenica e non di sabato abbiamo optato per

l’Anello della Valsassina

Questo anello, che da Lecco sale ai piedi della Grigna Meridionale o Grignetta, attraversa l’anfiteatro della Valsassina per chiudersi attraversando il Grignone e ritornando a Lecco, si fa comodamente in 3 giorni.

Il martedì tuttavia le previsioni davano brutto per cui abbiamo preventivato due giorni di cammino e uno di relax.

 

Prima tappa – Laorca-Pian dei Resinelli-Pialleral-Rifugio Riva – 1100 m D+ – 20 km – 6 ore

Arrivate alla “ridente” stazione FS di Lecco prendiamo l’autobus che in poco tempo ci lascia al limitare di Laorca, ultimo abitato del comune di Lecco.

Imbocchiamo il sentiero e iniziamo a salire nel bosco. Sappiamo che ci attendono circa 900 metri di salita, ma il sentiero è veramente duro. Siamo a soli 400 metri e già si fa montuoso: rocce, gradini alti, scivolosi, instabili, in un bosco quasi fatato di latifoglie che stanno gemmando ora.

Durissimo per le chiappe, soprattutto visto che , come sempre, mi trascino dietro uno zaino da 40 litri, con tanto di doppia borraccia in alluminio “che non si sa mai”.

Alla fine penso che se quest’estate davvero voglio avviare il mio progetto sul vertical è tutto allenamento (quale progetto? Vedrete…)

Il sentiero segue un torrente, è bello, silenziosissimo e pulito. D’altronde Pian dei Resinelli è raggiungibile da una comodissima strada… perchè fare il sentiero? Perchè sì.

Pian piano la vegetazione si fa più aperta e incontriamo le prime abitazioni rurali e le prime voci, quasi ci par strano.

In meno di due ore sbuchiamo in alto e… Un enorme, giuro E-NOR-ME condominio ci si piazza di fronte come un menir gigante in cima al monte. Un orrore che solo una persona priva di qualsiasi senso estetico potrebbe approvare. Tutto chiuso, serrato e decrepito.

Proseguiamo veloci tra turisti chiassosi, risate isteriche e auto enormi. Una signora con 5 figli e un marito ingombrante piagnucola ad alta voce che non c’è una pizzeria.

Io non vedo l’ora di andarmene e così facciamo dopo un bicchiere di Prosecco che mi riporta l’energia 😉

Poco dopo torna il silenzio e il sentiero si fa paradisiaco, tra pascoli e vecchie abitazioni, laghetti e poi sentieri di foglie e faggi.

E’ un sentiero semplice, gradevole. Non avessi lo zaino penso che correrei.

Camminiamo per altre due ore senza rendercene conto, chiacchierando, stupendoci della bellezza del luogo. Della Grignetta si vede poco. Nubi alte la velano.

Arriviamo al Pialleral che è ora di merenda e non abbiamo ancora pranzato.

Ci fermiamo in questo luogo d’incanto, frequentatissimo da trekker di ogni età e provenienza.

Ci fermiamo ad addentare i panini e proseguiamo lasciandoci la Grigna alle spalle.

Distese verdi e salitelle massacranti ci portano a San Calimero, una chiesa minuscola dal tetto rosso fragola che sembra abbiano messo lì per far le foto.

Io e La Fra siamo come Bubba e Forrest Gump. Insieme apprezziamo i dettagli, le piccole cose, le bellezze che in pochi scorgono. Ci entusiasmiamo per il nulla e ridiamo alle battute sembrando quasi idiote.

Sto bene con lei, con lei sono a casa.

Il Rifugio Riva si annuncia prima per  cartelli scritti male con vernici colorate. E’ il regno dell’approssimativo, dell’allegro e del semplice. Lo adoro.

Giampy, il gestore, ci accoglie parlando forte e ridendo ancor più forte, mentre Barbara, la compagna, ci guarda con gli occhi fatati.

Letti a castello e cucina alla buona e molto buona.

Ceniamo noi quattro, come vecchi amici, come chi non si conosce e non pretende nient’altro che una serata piacevole (fosse poco…). Polenta e stinco. E Barbera d’Asti “che il produttore serve tutti i rifugi qui…”.

Buk, il pastore Bernese del rifugio mi fa tornare il sorriso ogni secondo, mentre mi bacia avido gli stinchi.

Dormiamo come due sassi, io con lo stomaco che tira dal cibo che ho ingurgitato, Fra con le gambe stanche dal cammino.

 

Seconda Tappa – Rifugio Riva – Baiedo – Barzio – Piani di Bobbio – Rifugio Castelli – 1300 m D+ – 32 km – 7 h 30

Premettiamo che al castelli non ci siamo mai arrivate, ma questa tappa è lunga e difficile.

Tecnicamente è semplicissima, ma, se in Grignetta tutti conoscevano la via, sembra che dopo Baiedo nessuno fosse mai andato in montagna da quelle parti.

Io avevo segnato sulla mappa un sentiero che ci permetteva di non scendere la valle e risalire alla bruttissima Barzio (località sciistica anni ’70 mal tenuta, senza neve e dall’architettura priva di ogni bellezza). Una volta scese a Baiedo per la mulattiera che attraversa pascoli fatati “che più belli non si può”, avremmo dovuto proseguire per Introbio, dove il Sentiero Italia ci permetteva di salire direttamente alla strada per i Piani di Bobbio senza incontrare praticamente mai asfalto.

Visto il tempo orrendo, abbiamo chiesto conferme, ma pareva che nessuno conoscesse il Sentiero. Non il gestore del Riva, non il bar all’incrocio del paese, non i locali. Un sentiero che sulla Kompass era segnato benissimo pareva essere ignoto a tutti. Seguendo le indicazioni (d’altronde se tutti ti dicono no dovrai anche pensare che forse ti stai sbagliando tu, no?) scendiamo per la ciclopedonale pensando di arrivare a Barzio, ma la ciclopedonale ci butta sulla provinciale, senza marciapiede, e così perdiamo due ore a risalire, guadagnando un filino di nervoso.

Barzio è deserta. Gli spettri dei palazzi giganteschi ci accolgono con le serrande giù. Le funivie ferme e la nebbia bassa.

Iniziamo a salire piene di dubbi. Sono già tre ore e mezza che camminiamo inutilmente, ma non molliamo.

La poderale ci porta sempre più in alto tra le piste da sci che hanno devastato i fianchi della montagna.

Non si vede nulla, nè la Grigna nè tantomeno dove stiamo andando.

Arriviamo dopo due ore ai Piani di Bobbio. Un mare bianco tra scheletri di impianti sciistici e rifugi, tutti rigorosamente chiusi. Di neve nemmeno l’ombra.

Salendo vediamo scendere una Jeep. Sono i gestori del Rifugio Lecco, teoricamente aperto, che ci dicono che chiudono per un impegno. Già al telefono non mi avevano molto considerata rifiutando la prenotazione. Ora hanno proprio chiuso.

Chiediamo come proseguire, perchè sono quasi 6 ore che camminiamo.

Ci dicono che il sentiero per il Castelli e i Piani d’Artavaggio è uno solo e non ci possiamo sbagliare.

Guardo la mappa e ne vedo tre, ma vuoi non fidarti?

La nebbia è sempre più densa. Arriviamo ad un bivio con tre sentieri. Ecco appunto.

Tre sentieri.

Ci sono le paline, ma indicano punti che non conosciamo e nessuna cita il sentiero che dobbiamo prendere noi. Scegliamo quello che ci pare più giusto, segnato con una “C” sulle pietre. Che sia la C di Castelli?

Evidentemente no, perchè iniziamo a scendere quando dovevamo rimanere in quota. La nebbia non aiuta ad orientarsi, ma la signora del rifugio diceva che era evidente il sentiero… So di aver sbagliato, lo so bene, lo sento.

La Fra non parla e io ho paura.

Scendiamo ancora e arriviamo a delle abitazioni. Siamo a 1300 metri, 400 metri sotto a dove dovevamo essere. Il sentiero giusto era l’altro, quello senza niente.

Non ce la sentiamo di risalire di nuovo, siamo lontane da dove avremmo dovuto essere.

Continuiamo a scendere e arrivate a Moggio (altro orrendo luogo di condomini montani tutti in vendita) prendiamo la corriera per Lecco.

Avvisiamo il Castelli che sarà per un’altra volta.

Non abbiamo MAI visto la montagna oggi, solo la nebbia. E nessuno ci ha sapute aiutare.

Ho l’amaro in bocca e le gambe a pezzi. Sono a pezzi. Mangiamo un gelato e beviamo un bicchiere aspettando la corriera. L’outdoor, però, è anche questo: partire e vedere come va. Gustarsi l’ignoto, perdersi nella nebbia, ritrovarsi in un gelato, guardare negli occhi il tuo compagno di viaggio e sorridere. Sempre.

Stasera andiamo al super e ci cuciniamo qualcosa di buono.

Mi vengono in mente i gamberi. Come Forrest Gump con Bubba.

Bello viaggiare, bello camminare, bella LA FRA.

 

 

 

RunningCharlotte
RunningCharlotte
Perché la corsa è uno stile di vita e ad ogni passo ci fa crescere un po’ e perché non bisogna essere campioni per correre, basta mettere un passo dietro l’altro. Keep in running.
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