Trail di Sestrière, un misto di emozioni

Partiamo dalle premesse

Volevo lasciarmi dietro i pensieri, volevo dimenticare, quelle cose da circolo dei pensatori nichilisti “voglio esasperare la mia solitudine per dimenticare che sono solo, perchè essendo solo non sarò più solo…”.

Avete capito, no? Il valore catartico del trail: lunghi percorsi di nulla, immersi nella nebbia fine della montagna mattutina, asciugati dal sole e dal vento delle vette… Tempesta e passione… (leggi qui l’articolo precedente)

Deliri deliranti di una trentenne single.

Il Trail di Sestrière ha tre distanze, la “lunga”, che lunga non è perchè sono 43 km, giusto un chilometrino in più per poterla chiamare Ultra Trail, la “corta” di 19 km a 1.100 mD+, una passeggiata con montagna in mezzo, e la camminata di 10 km, tutta su sentiero in costa.

Mi sono iscritta alla 43 km per due motivi: il primo è che quando non vuoi pensare, più non pensi e meglio stai e lì potevo starci 6 ore ampie, un po’ perchè la 19km è molto competitiva. Essendo una gara tecnicamente molto facile, quello che conta è il chrono. Il fattore tempo, soprattutto se deve tendere ad un numero più piccolo possibile, non rientra nella visione romantico-nichilista che ho in questo periodo.

Quindi che 43km siano. Mal che vada cammino, in montagna sto bene…

Partiamo in tre con poche idee e confuse: io 43, #Lacecchi 19 e Luisella 10. Giusto per non farci mancare nulla.

E qui inizia il week end più confuso che potessimo desiderare.

Ore 22:20 della notte prima – nessuna dorme e nessuna dormirà più: una scossa di terremoto ci fa sussultare e rende la mia notte un susseguirsi di occhi sbarrati e orologi che segnano sempre meno ore alla aprtenza. In lontananza nei pensieri assonnati sento rumore di acqua… forse un ruscello.

Forse no.

Ore 6:00 –  non si vede ad un palmo e la pioggia forma laghi e cascate alpine proprio sull’asfalto. Magie della montagna…

Ma che vuoi che sia. Anzi, mi vedo già bagnata e infreddolita valicare i colli e camminare nelle praterie scoscese. Tremo di paura insomma.

Ore 8:00 – la pioggia si placa e il cielo si apre lentamente asciugando i miei pensieri di nebbia e solitudine. L‘organizzazione annulla la gara dei 43 km. La ANNULLA. E ci sposta sulla 19km.

Ore 8:15 – Dopo un momentaneo gaudio e giubilo causato dal sollievo di non dovermi confrontare con quella distanza, il sole inizia a scaldare la piazza e la delusione cresce. Il percorso dei 43km è un percorso per buona parte isolato, fuori dai tragitti delle piste da sci di Sestriere, lontano dalle (orribili) torri degli hotel della “capitale Olimpica 2006”, lontano dal turismo smaccato. Un tragitto con molti saliscendi, la cui prima parte coincide con quello della 19 km, ma che poi si perde in creste, discese, salite irte. La perfetta idea di “perdersi” che avevo.

La 19km è un’altra gara. Se i primi 12 km coincidono con la 43 km, il restante è solo discesa. In pratica corri 4 km in falso piano, su sentiero, veloce più che puoi cercando di non incastrarti nella coda dei podisti, poi sali su strada poderale per 6, tra le piste di sci, fino alla salita al Fraiteve, il monte degli impianti sciistici. Da lì scendi in picchiata sul paese. Bon. Più forte che puoi.

Niente a che vedere con i miei sogni. 

Non biasimo gli organizzatori, perchè in montagna non si mandano le persone a rischiare la pelle, ma a divertirsi in sicurezza! Portroppo però molti sono i musi lunghi e delusi, come il mio. Si notano nella Piazza di Sestrière come lampadine accese. Il sole splende e il cielo si macchia sempre più di blu.

La Gara:

Ore 10:00 – Partiamo. Dietro di me centinaia di runners agguerriti. Ho francamente paura, più paura ora che prima al pensiero di correre per 6 ore. Il primo chilometro, su asfalto, mi spezza le gambe. Tutti spingono, c’è chi urla di allontanarsi. 4’21”. Imbocchiamo il sentiero e rallento, facendomi spintonare da chi supera senza ritegno. Normale superare, non lo è superare tirando paroloni.

Per 4 km non sento nulla della montagna: non il profumo, non i suoni, non quel calore che solitamente mi abbraccia e mi culla. L’aria è densa di competizione, cosa anche giusta, ma non ciò che ricercavo. Il percorso lascia il sentiero per imboccare una poderale che attraversa il bosco. Questo è il “Sentiero Bordin”, terreno di gioco del grande maratoneta. Di per sè è magnifico, con saliscendi corribili e allenanti. Purtroppo non l’ho goduto. Troppa fretta, troppa ansia, troppa competizione – tutto giusto ma non mio. Elena è davanti, la vedo. Mi darà qualche minuto, io sono rimasta incastrata tra uno “spostati” e un “vaffan….”.

Ore 11:00 – Sbuchiamo sulla pista del Fraiteve.

La mia poesia muore. Vorrei riprodurvi il silenzio che ho nel cuore quando vedo cosa l’uomo può fare ad una montagna. Una “slavina” di prati irti, contenuti da reti protettive in plastica, feriti da una strada artificiale sulla quale proviamo a correre, ma che ci rende la falcata impacciata. Un tempo, le strade poderali e le strade militari, percorse da uomini, cavalli e muli, compivano tornanti e curve per moderare la pendenza, rendendo il sentiero dolce e leggero. Le nuove strade invece salgono dritte sul pendio. Nessun mulo accuserà fatica, perchè sono i mezzi a motore, i gatti delle nevi, i cingolati a salirle. senza contare che così si risparmia terreno, lasciandone di più agli sciatori. Non sono fatte per le gambe, ma per le ruote a trazione integrale.

Queste montagne, che di inverno si ammantano di bianco e sembrano le coste di un pandoro, ora sono desolate. L’erba è gialla, le ferite dei piloni degli impianti spurgano come ferite da arma da taglio.

Ore 11:30 – La vetta del Monte non esiste più. In cima l’arrivo della cabinovia la schiaccia. Arrivati su scendiamo sempre su strade di servizio delle piste, derapando come sciatori improvvisati.

Dopo 1 km, per fortuna, finalmente, attraversiamo prati verdi, densi di di cicale e sento finalmente un pezzo di quel silenzio magnifico che ricercavo. Giù, veloce, volando: battito del cuore, cicale, respiro e passi.

Ore 12:18 – Arrivo a Sestriere. #Lacecchi mi ha impunemente battuta di 7 minuti. Pazienza. Sono un po’ avvilita, iniziavo a divertirmi, ne avrei voluto qualche chilometro ancora… Ma smetto di lamentarmi: in un minuto vengo a sapere che su quel percorso è mancato un uomo.

45 anni, giovane e forte. Succede, certo, un infarto può venirti sempre… però… però…

Ringrazio di essere qui, tra amiche.

Le amiche sorridono. All’arrivo molta gente che conosco. Chi mi dice che è il suo primo trail e l’ha corso grazie a me.

Non so se riesco ad essere felice…

Ciao Ivan.

Grazie agli organizzatori e alle mie belle amiche Elena e Luisella. Vale sempre la pensa di correre e siamo fortunate a poterlo fare!

RunningCharlotte
RunningCharlotte
Perché la corsa è uno stile di vita e ad ogni passo ci fa crescere un po’ e perché non bisogna essere campioni per correre, basta mettere un passo dietro l’altro. Keep in running.
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Showing 3 comments
  • Michele
    Rispondi

    Bellissimo leggerti, vivi il Running come se fosse un’opera d’arte , grazie Carlotta

  • Marina
    Rispondi

    Mi piace molto il tuo stile. Poi io amo il trail. E’ poesia. Ciao Ivan .

    • admin
      Rispondi

      Grazie Ivan <3

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